LA FIDUCIA CHE RISCHIA DI CADERE
Otto ponti crollati in tre anni cominciano a essere una statistica. Una di quelle statistiche che ti tornano in mente mentre guidi in autostrada, e ti accorgi di guardare con apprensione alle decine di viadotti sotto i quali stai passando, a cui prima non avevi mai fatto caso.
L’inquietudine è accresciuta dal fatto che di ogni incidente non si viene mai a sapere la causa. Errore umano, disastro colposo, cedimento strutturale, sono formule che si aggirano per qualche giorno sui giornali e poi affogano in processi lunghi una vita, di solito inconcludenti. Ai più sospettosi viene subito il dubbio che qualcuno abbia lucrato sul ferro, o fatto la cresta sul cemento. Oppure, più semplicemente, che non ci sono più i soldi per tenerli in piedi, tutti questi ponti e viadotti e cavalcavia che costituiscono l’apparato circolatorio della nazione (e che, pare, non siano neanche mai stati censiti, in attesa di un Catasto delle strade).
Altre statistiche infatti ci informano che da sette anni la spesa pubblica per investimenti diminuisce ogni anno. Nel conto economico 2016, per dire, sono mancati all’appello ben undici miliardi di spesa in conto capitale. Tutte le altre voci salgono, solo quella scende, perché è l’unica dove il governo può fare economia senza beccarsi uno sciopero o perdere i voti di una lobby. Secondo l’associazione degli asfaltatori, dal 2006 ad oggi sono stati risparmiati 40 miliardi in bitume, barriere o segnaletica (dato riportato da Il Mattino).