«Io, medico dell’ospedale del Papa: pronto a tirarmi indietro»
ROMA
«Per una persona cattolica e praticante come me, sarebbe semplice la questione», dice Paolo Maria Rossini, ordinario di Neurologia all’Università Cattolica e direttore dell’Area Neuroscienze della Fondazione Policlinico Gemelli.
Sarebbe, professore?
«Il corpo umano non è proprietà del singolo, che ne può quindi disporre a piacer suo. Il corpo umano appartiene a Dio e io per questo motivo cercherò sempre di salvarlo, finché è possibile».
E dunque se passerà questa legge...
«Io non mi renderò mai disponibile, qualora non fossimo davvero in presenza di rischio di vita imminente e condizioni non più dignitose, a sospendere nutrizione e idratazione al paziente. E se la famiglia proprio insiste, io mi farò da parte e ci penserà qualcun altro».
Continui.
«Gli ospedali sono nati per “ospitare” i più deboli e fragili e per difendere la loro vita, non per decidere su vita o morte. Il medico deve lottare per assicurare una vita migliore ai suoi pazienti, non gli si può chiedere di farsi esecutore su ordinazione di una rinuncia alla cura. Nessuno, badate bene, poi è tornato indietro per testimoniarci come e quanto sia stato gradevole trapassare disidratato! Così com’è concepito, il ddl propugna un rapporto tra malato e curante
che non compare in nessuna delle legislazioni persino degli Stati più “liberisti” che ammettono la liceità dell’eutanasia attiva. E poi in che ginepraio ci cacceremo, sai le diatribe...».
Strascichi giudiziari?
«Sicuro. Capiterà che un figlio denuncerà un medico che ha interrotto le cure a un suo caro perché ha rispettato i voleri di un altro figlio che a sua volta gli aveva prospettato le presunte ultime volontà del genitore. E come può decidere un giudice su temi di tale complessità? Ancora: sapeste quanti anoressici e depressi dicono al medico “non mi nutrire” e poi, per merito delle cure, si sentono meglio e lo ringraziano. Attenzione, poi, alle parole del Papa».
Quali?
«Penso a quando Francesco ci mette in guardia dalla “teoria dello scarto”, dalla visione neoliberista di questa società che tende a non farsi più carico dell’organismo umano quando diventa non produttivo. Attenzione, perché poi finisce che a qualcuno, vedendo un anziano ricoverato in una Residenza sanitaria assistenziale, possa venire qualche tentazione, se nella legge non viene dettagliato in modo chiaro dove si può interrompere la cura e dove invece no...».
In conclusione?
«Spero che la legge non venga licenziata così com’è e che comunque si limiti ad affermare pochi principi generali per regolare le situazioni di reale non ritorno. Spero che venga inserita l’obiezione di coscienza da parte del medico e la riconferma periodica delle proprie volontà da parte del paziente, che negli anni può cambiare idea anche a causa della continua evoluzione della scienza. Forse questa sarà anche la medicina del futuro, ma non mi sembra che sia una medicina migliore e più attenta alla dignità della persona».