Corriere della Sera

«Ascolto i familiari ma sono io che so cosa bisogna fare»

- Elena Tebano

«Se un paziente ha una chance su mille di salvarsi, io inseguo quella. Non posso essere condiziona­to da ragionamen­ti di tipo probabilis­tico. E infatti ho rianimato una persona che è stata sott’acqua 42 minuti: oggi studia, se avessi dovuto dar retta alla famiglia sarebbe morto». Alberto Zangrillo, è professore di Anestesia e rianimazio­ne all’Università San Raffaele di Milano e nella pratica di rianimator­e si fa orientare dal suo giudizio profession­ale. «È doveroso parlare con la famiglia, ma come medico ho tutti gli strumenti per sapere quando è opportuno ed etico intervenir­e nel rispetto del mio mandato, che è salvaguard­are la vita — afferma —. I parenti e i familiari invece spesso non sanno valutare cosa è meglio fare, anche solo per la condizione psicologic­a in cui sono. Così anche se mi dicono che hanno paura per le conseguenz­e di un intervento io vado avanti: non mi posso fermare di fronte a un’ipotesi».

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A me basta avere una possibilit­à su mille per provare a salvare una vita

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