Il dg stretto tra le maggioranze variabili
E adesso? È la tipica domanda che si moltiplica nei corridoi della Rai a ogni crisi tra vertici aziendali e politica. Quindi anche stavolta: e adesso come farà il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto ad andare avanti, senza più una maggioranza certa in consiglio di amministrazione (dopo l’esplicita crisi col Pd), senza un interlocutore-sponsor com’era Matteo Renzi a Palazzo Chigi quando lo volle a viale Mazzini, nell’agosto 2015?
Da domani tornano alla ribalta le maggioranze variabili. Ovvero, di volta in volta, in Consiglio il voto «aperto» sui singoli problemi. Chi è vicino al direttore generale le chiama già «maggioranze di buonsenso, nell’interesse dell’azienda». Questa la situazione: freddezza col Partito democratico, consiglieri del centrodestra (Arturo Diaconale) che parlano di contrasti consigliodirezione generale, il consigliere moderato Paolo Messa che definisce «poco trasparente» quello stesso rapporto.
Una cosa è certa: Antonio Campo Dall’Orto non vuole (e non può) passare adesso come l’uomo del Movimento 5 Stelle, dopo la doppia levata di scudi in suo favore. La prima, giorni fa, quando il presidente della commissione di Vigilanza, il grillino Roberto Fico, disse che il direttore generale andava «difeso» dopo gli attacchi del Pd. E la seconda appena ieri, quando lo stesso Fico ha quasi gridato «giù le mani da Report». Ovvero non si chiude nessuna trasmissione. Proprio quella (guarda caso) che ha cambiato il pilota con il via libera proprio di Campo Dall’Orto.
E c’è un altro elemento di certezza. Dalle stanze della direzione generale arriva una smentita secca e decisa a chiunque parli di dimissioni o di passi indietro: Campo Dall’Orto ha un contratto che scade nell’agosto 2018, fanno sapere al Settimo piano di viale Mazzini, e non è immaginabile un suo disimpegno. Del resto le scadenze sono tante. A cominciare dal 4 maggio, quando il direttore generale dovrà ripresentare in consiglio i piani di produzione per i palinsesti della prossima stagione 2017-2018 che dovranno essere sottoposti agli investitori pubblicitari il 28 giugno. Uno snodo cruciale per la vita economica ed editoriale della Rai. Sulla quale incombe una tempesta: il tetto ai compensi dei divi, dei presentatori e dei conduttori: da Fabio Fazio a Carlo Conti, da Bruno Vespa per arrivare ad Antonella Clerici.
Dal Palazzo non è arrivato per ora nessuno strumento che possa consentire alla tv pubblica di derogare, dopo il 30 aprile, dall’articolo 9 della legge 198 del 26 ottobre 2016, quella che in sostanza stabilisce in 240 mila euro il limite dei compensi del personale pubblico e delle società partecipate. E la Rai è controllata, al 99,9%, dal ministero dell’Economia...