Legnini (Csm): «A Napoli qualcosa non ha funzionato»
Apparentemente, il mancato avvio di un’indagine sulla eventuale «incompatibilità ambientale» di uno o più pubblici ministeri napoletani lascia intendere che il Consiglio superiore della magistratura non si vuole intromettere nel cosiddetto «caso Consip» e resta a guardare gli sviluppi delle inchieste giudiziarie. Ma è solo apparenza. Nella realtà il comitato di presidenza dell’organo di autogoverno dei giudici si schiera al fianco della Procura di Roma, che indaga sui «fatti molto gravi» accaduti a Napoli. Non a caso, illustrando la decisione, il vicepresidente Giovanni Legnini non perde l’occasione di «ringraziare» l’ufficio guidato dal procuratore Giuseppe Pignatone, e commenta: «È evidente che qualcosa a Napoli non ha funzionato». Il riferimento è alla ormai famosa informativa dei carabinieri del Noe: sia perché è finita sui giornali quando era ancora coperta da segreto, sia per il sospetto che uno degli ufficiali di polizia giudiziaria che l’ha redatta (il capitano dei carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto) abbia commesso dei falsi.
Sullo sfondo di questi episodi «di estrema gravità» c’è la figura dell’ex premier Matteo Renzi, poiché i presunti falsi riguardano la errata attribuzione di una intercettazione riferita a suo padre, e l’asserito intervento dei servizi segreti che dipendono direttamente da Palazzo Chigi. Sono aspetti di rilevanza politica sui quali Legnini preferisce non fare commenti, ma è abbastanza evidente che la grande attenzione dedicata al caso derivi anche da questo particolare non irrilevante.
Dunque in questa fase il Csm si affida alla Procura di Roma, che è anche competente per le indagini che possono coinvolgere (in qualunque veste, anche come parti lese) i magistrati partenopei. Resta però aperto il contrasto — nessuno dei protagonisti lo vuole chiamare scontro, e il Csm ne prende atto — tra i due uffici giudiziari nel momento in cui uno (Roma) ha sfiduciato il Noe ritirando la delega alle indagini, mentre l’altro (Napoli) continua ad avvalersene. «Di questo è opportuno che si occupino le due Procure generali», dice Legnini. Il provvedimento dell’ufficio di presidenza richiama le regole del coordinamento tra indagini collegate e solo dopo che sarà fatta chiarezza il Csm potrà intervenire per verificare — spiega ancora Legnini — «eventuali anomalie, opacità e cattivi funzionamenti degli uffici giudiziari». Ma per adesso la parola torna alla Procura di Roma.