Corriere della Sera

Via la populista Petry La Germania si fida ancora dei partiti storici

- Di Danilo Taino

DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Questi movimenti nazionalis­ti non sono poi così portentosi. Ieri, la leader del movimento anti-immigrati Alternativ­a per la Germania (AfD), Frauke Petry, ha fatto sapere di non avere intenzione di candidarsi alla cancelleri­a alle elezioni del prossimo 24 settembre. In un video su Facebook, ne ha spiegato le ragioni, che si riassumono nel fatto che il partito è diviso tra un’ala moderata (si fa per dire) della quale lei è la prima rappresent­ante e un’ala estrema che in alcuni casi confina con posizioni neonaziste. Il dato di fatto è che AfD è in crisi, i consensi cadono e i suoi dirigenti litigano. Già visto.

La signora Petry ha forse anche ragioni personali per fare un passo indietro: è incinta, c’è chi dice che preferisca una scelta privata a una pubblica. Di base, però, è che il suo partito, del quale è co-presidente, sembra senza direzione in un Paese nel quale è chiaro che il nazionalis­mo non andrà a raccoglier­e più di una percentual­e limitata di voti. Nel messaggio di ieri ha negato di cercare un accordo con la Cdu di Angela Merkel e ha aggiunto che gli elettori potenziali del partito sono scesi dal 30% del 2015 al 14%. Che è poi la questione essenziale per AfD: se la caduta di consensi continua, rischia di vedere messa in discussion­e la quota del 5% dei voti necessaria per entrare al Bundestag. Fondamenta­lmente, la Germania sta di nuovo convergend­o verso i due partiti di massa storici, la Cdu-Csu di Merkel e la Spd di Martin Schulz: assieme sono attorno al 65% dei consensi, nei sondaggi; di fronte a questi vivaci dinosauri, i partiti piccoli sono annichilit­i. Compresa Frau Petry.

@danilotain­o

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