Corriere della Sera

«Nozze combinate I miei amici stupiti»

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«Non mi sento diverso dai miei amici italiani, anzi penso che siamo uniti da un maggiore senso di fratellanz­a, non “nonostante”, ma grazie alle nostre differenti culture. È proprio il concetto di diversità a piacermi: la mia cultura mi stacca dalla mia solita routine. Il fatto di festeggiar­e più volte durante l’anno, di mangiare specialità esotiche, di poter parlare un’altra lingua, di avere costumi variopinti nel mio armadio, mi da una grande soddisfazi­one. Certo, della mia cultura d’origine non mi piace tutto. Ci sono pregiudizi duri a morire, soprattutt­o nelle vecchie generazion­i, che giudicano noi giovani su tutto, a partire da come ci vestiamo. Si parla tanto del velo, ma io che amo vestirmi bene, in pantaloni e camicia, mi devo sorbire la disapprova­zione degli anziani, che dicono che sono un poco di buono. Guai se metto un braccialet­to o una collanina, la critica è dietro l’angolo: “Sicurament­e non è un bravo musulmano”. Sono italiano, ma anche un pachistano musulmano: non penso che queste due cose entrino in conflitto. Mi sono sposato un mese fa con un matrimonio combinato. Tutto via messaggi WhatsApp! In quattro giorni mi sono trovato fidanzato con una ragazza che non avevo mai visto, che sta dall’altra parte del mondo. Sono andato in Pakistan e ho firmato il contratto davanti all’imam, ancora prima di conoscerla di persona. E poi mi è piaciuta tantissimo, siamo molto innamorati. I miei amici di Verona, quando gliel’ho detto, mi hanno detto: “Ma tu sei un mona!”. E poi mi hanno fatto le condoglian­ze!».

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Dal Pakistan al Veneto

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