Corriere della Sera

La grande sete della Somalia e i dromedari perduti nel deserto

- Alessandra Muglia

Carcasse di dromedari, distese a centinaia nel mezzo del deserto somalo, dove il cielo incontra l’orizzonte e la calura crea il miraggio dell’acqua. Persino gli animali più abituati ai climi torridi, capaci di resistere per un mese senz’acqua, non ce la fanno. Perché non c’è posto dove andare a dissetarsi: i pozzi sono secchi, i villaggi abbandonat­i e anche gli Stati vicini sono rimasti all’asciutto. In alcune zone del Sud Sudan è già stata dichiarata la carestia.

L’ecatombe di dromedari — soltanto nel Somaliland, la regione a nord, si stima ne siano morti oltre 400 mila, un quarto dei capi — fa capire la gravità della siccità che sta colpendo la Somalia. Il ricordo della carestia del 2011 è ancora vivo tra i somali. La chiamarono «Terimow», la stagione della morte. Lasciò senza vita oltre 250 mila persone, la metà bambini. Ma quella di oggi si preannunci­a più grave: il governo ha proclamato lo stato di calamità nazionale dopo la morte di 110 persone in 48 ore nella sola regione di Baidoa; la carestia minaccia ora oltre 6 milioni di persone, venti milioni nell’Africa Orientale. «La peggiore crisi umanitaria dalla fine della Seconda guerra mondiale» l’ha definita l’Onu.

All’origine di quest’emergenza non c’è soltanto il surriscald­amento globale. Non a caso le aree più colpite sono quelle in cui spadronegg­iano le milizie Shebab che non permettono alle organizzaz­ioni umanitarie di portare gli aiuti.

La siccità sta decimando il bestiame facendo precipitar­e questa fragilissi­ma economia. La Somalia è il primo esportator­e di dromedari. Il commercio di questi animali frutta ogni anno l’equivalent­e di 50 milioni di euro, una manna in un Paese dove tre somali su quattro vivono sotto la soglia di povertà. Ma non è soltanto una questione economica. Non a caso i somali hanno 46 modi per dire dromedario: «Questo animale è al centro della nostra cultura nomade — dice a Le Monde Jama Mousse Jama, direttore del centro culturale di Hargeisa, nel Somaliland — serve da mezzo di trasporto, da regalo di nozze, eredità ed è presente ovunque nella nostra letteratur­a. La morte dei dromedari è anche la morte della nostra civiltà».

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In pericolo Un dromedario nel deserto somalo. A destra, in alto, bambini giocano sulla sabbia; in basso, l’attesa per l’acqua in campo profughi
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