Assolatte, la concorrenza Ue e l’etichetta bocciata
Il fatto è che l’obbligo di indicazione in etichetta dell’origine della materia prima dei prodotti lattiero-caseari entrata in vigore ieri in Italia è sperimentale e durerà due anni. Da apripista ha fatto la Francia, e come noi ha seguito l’esempio anche la Lituania. Il nostro Paese ha vinto una battaglia — quella di indicare quando il latte è italiano — ma non la guerra nella Ue contro quei Paesi per i quali da dove proviene la materia prima in campo alimentare non è così importante come per noi, che abbiamo fatto del made in Italy qualcosa di più di una semplice indicazione di origine. Noi d’ora in avanti indicheremo l’origine del latte (Italia, Ue, non Ue) — un risultato molto importante per i nostri allevatori e per il nostro latte — ma non così nel resto d’Europa. E questo con una ricaduta sull’industria casearia: «L’Italia produce meno latte di quanto ci serve — spiega Giuseppe Ambrosi, presidente di Assolatte —. Siamo costretti a usare anche latte importato per i nostri prodotti, ma non per questo la qualità è inferiore, usiamo la massima attenzione nella selezione della materia prima. Il latte italiano però costa di più e dunque saremo meno competitivi rispetto alle aziende straniere». Per Ambrosi made in Italy «è il know how che applichiamo nella trasformazione del latte. Pensiamo al caffè: non lo coltiviamo in Italia».