Corriere della Sera

Chi è

- Marco Sabella

Nel lungo arco di tempo che va dal novembre del 1999 all’aprile del 2015 in cui è stato presidente della Camera della moda, Mario Boselli ha guidato la trasformaz­ione dell’associazio­ne che coordina e promuove lo sviluppo della Moda italiana. Fino a renderla una vera e propria istituzion­e al servizio dello sviluppo di un settore chiave nell’export tricolore e nell’identità stessa del made in Italy. Ieri è stata diffusa la notizia che il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza di archiviazi­one in merito alla vicenda processual­e che lo vedeva coinvolto per un finanziame­nto concesso da Centrobanc­a (di cui all’epoca dei fatti era presidente) al gruppo Mariella Burani, successiva­mente andato in liquidazio­ne. Oggi Mario Boselli è presidente onorario della Camera della moda con delega allo sviluppo dei nuovi mercati emergenti. Facciamo con lui il punto sulle tendenze del settore.

Mario Boselli, nato a Como nel 1941, imprendito­re, è il presidente Onorario della Camera della moda. Ha esercitato la funzione di presidente effettivo dal novembre del 1999 all’aprile del 2015

Quali sono le aree in crescita che svolgono una funzione trainante per la moda italiana?

«Sicurament­e la Cina e i Paesi del Golfo, anche se ormai si tratta di realtà consolidat­e che fatico a definire emergenti. Mercati importanti sono anche quello russo e dei paesi ex sovietici».

Che cosa può fare la Camera della moda per incrementa­re la presenza del made in Italy in queste regioni?

«Un progetto cui tengo molto è la promozione dei giovani talenti. I grandi nomi che hanno fatto la storia della moda italiana dagli anni Ottanta e Novanta fino ad oggi devono essere affiancati da giovani in grado di esprimere nuove creatività. A metà maggio si svolgerà a Dubai la Arab Fashion Week e in qualità di presidente dell’Arab Fashion Council ho cercato di favorire il più possibile la presenza dei giovani stilisti a questo appuntamen­to

«Il valore delle nostre esportazio­ni in Cina e verso l’area allargata del Far East è quasi doppio rispetto a quello verso i Paesi del Golfo. In Cina si gioca una partita decisiva per il futuro della moda italiana perché in quell’area sta crescendo una popolazion­e di 400-500 milioni di nuovi consumator­i interessat­i al made in Italy. Per raggiunger­li saranno necessari prodotti di qualità elevata, che rispecchin­o lo stile italiano, ma venduti a prezzi più accessibil­i».

Eppure i numeri dell’interscamb­io con la Cina sono a sfavore dell’Italia

«I dati di gennaio del Fashion Economic trend indicano che per quanto riguarda l’intera filiera del tessile le importazio­ni

«Fatte cento le sfilate che si svolgono a Parigi, circa la metà degli eventi sono di stilisti non francesi mentre a Milano oltre l’80% delle sfilate sono di stilisti italiani. Penso che una maggiore internazio­nalizzazio­ne sarebbe utile ma le attuali proporzion­i rispecchia­no bene il peso e l’importanza delle creazioni italiane».

È il momento di puntare sulle nuove creatività degli stilisti emergenti

Si è chiuso da poco il Salone del Mobile che ha coinvolto l’intera città con il Fuorisalon­e. Non si potrebbe immaginare

«Si tratta di una vicenda che mi ha procurato grande amarezza, ma la mia totale estraneità ai fatti contestati è stata finalmente provata. Per fortuna il tempo è galantuomo».

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