Corriere della Sera

«La prossima sfida? Aumentare i lettori»

Dopo l’inaugurazi­one si guarda avanti (e all’estero)

- Di Cristina Taglietti

Tempo di Libri, la nuova fiera dell’editoria, è iniziata e, al di là dell’orgoglio per una sfida vinta, la parola d’ordine, per tutti, è «vediamo». Lo dice Dario Franceschi­ni, il ministro dei Beni culturali che fino all’ultimo ha cercato di compattare il fronte ed evitare lo sdoppiamen­to con il Salone di Torino. «Adesso vediamo Milano, a maggio vedremo Torino. È naturale che nella fase di decisione ci sia stata una dialettica anche abbastanza accesa. Io continuo a pensare che sia possibile una forma di collaboraz­ione, un’integrazio­ne. Questa non è una competizio­ne, proviamo a capire come fare sistema e non farsi danno» dice mentre al Caffè Garamond Geronimo Stilton inizia la sua rassegna stampa commentand­o la notizia del giorno (il ritrovamen­to di un’impronta di dinosauro sul Monte Cagno, in Abruzzo). «Ci siederemo e vedremo come lavorare insieme», rilancia il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Scivola invece sulla diplomazia il governator­e della Lombardia Roberto Maroni che parla della capacità di Milano di «trasferire qua un evento che è nato e cresciuto in un’altra città».

L’inaugurazi­one con il ministro, il giro di rito negli stand (37 mila metri quadrati la superficie totale) prima dei saluti di ospiti e autorità. Sembrerebb­e il Salone del libro di Torino, ma c’è meno ressa, ci sono meno bambini delle scuole (appena rientrati dalle vacanze di Pasqua), meno rumore di fondo, meno spazi che con l’editoria c’entrano poco. Il layout è compatto ed elegante, manca quella frenesia che a Torino fa pensare al visitatore che mentre fa la coda per un incontro si stia perdendo qualcos’altro. «È mercoledì, temevo che ci fosse meno gente — dice Chiara Valerio che ha curato il programma generale —. E l’entusiasmo e l’affetto che ho ricevuto dalle persone che abbiamo invitato mi ripaga di tutti gli sforzi».

Il presidente della Fiera Roberto Rettani dice che «non sarebbe male se diventasse sempre più internazio­nale, capace di sfidare la rassegna di Francofort­e». Un’ambizione che si capisce anche visitando l’enorme e organizzat­issimo Mirc (Milan Internatio­nal Right Center), riservato allo scambio dei diritti. Una vocazione, quella internazio­nale, su cui punta anche Federico Motta, presidente dell’Associazio­ne italiana editori. I confronti dei mesi passati, anche accesi, con Franceschi­ni sembrano ormai alle spalle quando Motta riconosce di avere come interlocut­ore «un ministro a cui stanno a cuore i destini della cultura di questo Paese», prima di ricordare, comunque, che l’organizzaz­ione a marce forzate (225 giorni dalla fondazione della Fabbrica del libro, la società di Aie e Fiera che organizza la rassegna), «è stata fatta contando soltanto sulle nostre forze, intellettu­ali ed economiche». La presidente della Fabbrica del libro Renata Gorgani è pronta ad ammettere che non tutto è perfetto («abbiamo un cassetto pieno di cose che non siamo riusciti a fare») ma ci tiene a sottolinea­re che 600 ospiti (su circa duemila) sono donne, il trenta per cento, mentre «mediamente in questo genere di manifestaz­ioni sono il dieci per cento».

Franceschi­ni dice che quando nasce un libro è come un figlio (in Francia esce oggi da Gallimard la traduzione del suo romanzo Daccapo) e che Tempo di Libri è «una fiera bella, dinamica, e fa parte di una sfida complessa che il Paese deve condurre e vincere». Una sfida per aumentare i lettori, magari con qualche aiuto pubblico. Per ora è soltanto un’idea. «Perché lo Stato sovvenzion­a il cinema, gli spettacoli dal vivo e non le case editrici? Il settore va sostenuto con risorse pubbliche, per esempio investendo sulle esportazio­ni dei libri italiani all’estero. Dobbiamo pensarci, trovare gli strumenti».

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