Il mercato sotto la lente: «La tecnologia non è un nemico»
Si apre con il segno meno, quanto ai dati di mercato, la prima giornata di Tempo di Libri. Crollano del 4,9 per cento le copie di volumi vendute e del 2,9 per cento i ricavi nel primo trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016.
Le cifre sono state diffuse nel corso di uno dei primi appuntamenti della nuova fiera, curato da Nielsen e dall’Ufficio Studi dell’Associazione italiana editori (Aie). Durante la giornata, inoltre, diversi altri eventi sono stati occasione di riflessione sui dati e le strategie da adottare.
Più in dettaglio, nei primi tre mesi del 2017 i libri venduti sono stati 17,6 milioni contro i 18,5 milioni di gennaio, febbraio e marzo 2016; pari a 242,7 milioni di euro i ricavi contro i 249,9 milioni dello stesso trimestre dell’anno precedente. Tengono i libri per ragazzi e la narrativa, che intercettano oltre metà della domanda, mentre vanno male la saggistica e i titoli per professionisti. Meno fosco il quadro se si considera che nei primi mesi dell’anno molte novità non sono ancora uscite. Guardando invece all’intero 2016, l’Italia registra un timido più 0,3 per cento a valore, mentre a volume il segno è ancora negativo: meno 3 per cento. Sono esclusi gli ebook, che a fine 2016 sono il 4,5 per cento del mercato del libro (61-65 milioni il fatturato), contro il 4 per cento di fine 2015.
L’analisi si allarga ad altri Paesi monitorati da Nielsen, perché — spiega il presidente dell’Aie, Federico Motta — «significa dare una prospettiva non solo italocentrica al nostro mercato e al nostro essere editori». Con il segno «più» ci sono solo la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, che possono contare sull’ampio bacino della lingua inglese. «L’Italia invece copre un’area linguistica piccola. Bisognerebbe lavorare di più sui diritti e la vendita all’estero», commenta Giovanni Peresson, responsabile Ufficio studi Aie e curatore del programma professionale di Tempo di Libri. Anche al confronto con i mercati stranieri, inoltre, l’Italia si distingue per la quota della fiction (39,2 per cento del mercato nel 2016, includendo la narrativa e un 2,4 per cento di young adult, che viene invece escluso negli altri Paesi, dove la fiction non va comunque oltre il 30 per cento).
«I dati sono preoccupanti» commenta dal palco Riccardo Cavallero, fondatore della nuova casa editrice Sem. «Amazon sta aprendo una banca e noi continuiamo a gioire se il digitale non decolla. Il mio marchio fa solo fiction ma su carta, in ebook e audiolibri. Serve diversificare e agganciare i giovani. Se non investiamo noi sui contenuti adatti a più supporti, perché dovrebbero farlo i lettori?». Che raggiungere questi ultimi sia «uno dei pilastri del lavoro editoriale» — insieme a quello di avere gli autori — è convinta anche Laura Donnini, direttore generale e publisher di HarperCollins Italia: «Abbiamo troppi libri e pochi lettori. Nel marketing digitale, ad esempio, in Italia siamo all’età della pietra». D’accordo Gian Luca Pulvirenti, amministratore delegato di DeA Planeta Libri: «Nella grande distribuzione ci sarebbe già una domanda potenziale maggiore di quella che stiamo cogliendo».
Proprio per disegnare il profilo del lettore di oggi, il gruppo Innovazione di Aie ha ideato un Osservatorio, condotto dall’istituto Pepe Research sul consumo editoriale e culturale, per capire quanto le nuove tecnologie influenzino l’accesso ai contenuti. I primi risultati, presentati ieri, hanno ribadito che «il mondo tecnologico non si contrappone a quello editoriale», spiega Peresson. Chi legge tanto coincide spesso con chi è più avvezzo ai mezzi digitali. E creare contenuti su più piattaforme potrebbe essere dunque decisivo per catturare questo tipo di lettori e farli aumentare.