Un libro a quattro firme edito dal «Corriere» e da La nave di Teseo L’Europa sprofonda La scossa di Piketty & C. per uscire dalla palude
Cominciano — chissà perché — non al mattino ma verso le sette di sera, fra cene sontuose e folle di telecamere. Si prolungano per notti intere, e il giorno seguente partoriscono dichiarazioni di intenti che quasi sempre ogni governo reinterpreterà a modo suo. Si chiamano Consigli europei, vertici di primi ministri e capi di Stato. Costano molti soldi pubblici (accusa populista, certo, ma documentata dai bilanci). Una teleconferenza ministri finanziari dell’euro che non deve rendere conto a nessuno, alla stessa Commissione europea di nomina tutta politica, alle varie «troike», alle turbe di alti dirigenti i cui nomi pochi conoscono, ma i cui poteri sono spesso immensi. Nebulosa «potente e inafferrabile», come viene definita da Democratizzare l’Europa! Per un Trattato di democratizzazione dell’Europa, il libro appena firmato da Stéphanie Hennette, Thomas Piketty, Guillaume Sacriste, Antoine Vauchez per l’editrice La nave di Teseo e il «Corriere della Sera».
È ormai una questione di democrazia, affermano gli autori: «Potente e inafferrabile al tempo stesso, la governance dell’eurozona si è sviluppata, di fatto, in una sorta di zona franca rispetto alle politiche di controllo, vale a dire in una sorta di buco nero democratico. Chi controlla, in sostanza, la stesura dei memorandum che impongono riforme strutturali di notevole spessore in cambio dell’aiuto finanziario fornito dal Meccanismo europeo di stabilità (Mes, detto anche Fondo salva Stati)? Chi segue l’attività esecutiva delle istituzioni che compongono la troika? Chi valuta le decisioni prese in seno al Consiglio europeo dei capi di Stato dell’eurozona?
Chi sa che cosa si negozia all’interno dei due comitati centrali dell’Eurogruppo, il Comitato di politica economica e il Comitato economico e finanziario? Non lo sanno né i Parlamenti nazionali, i quali, nel migliore dei casi, controllano soltanto il proprio governo, né il Parlamento europeo, il quale è stato, non per nulla, collocato ai margini del governo dell’eurozona…».
Cambiare, dunque, e in fretta. Osare la trasparenza con un nuovo «Trattato di democratizzazione della governance economica dell’eurozona», il cui testo integrale viene proposto dal libro. E la proposta centrale è questa: la creazione di un’«Assemblea parlamentare dell’eurozona». Non un vuoto bis dell’esistente, «un Parlamento di secondaria importanza». Al contrario, un organismo, sempre eletto dai cittadini, che contribuisca a stendere l’ordine del giorno dei «vertici dell’eurozona», a decidere il programma semestrale di lavoro dell’Eurogruppo, o le «raccomandazioni Paese per Paese», a scegliere i massimi dirigenti dell’eurozona; e che, soprattutto, abbia anch’esso e nei fatti quella capacità di iniziativa legislativa che ora sta nelle mani della L’idea è istituire l’Assemblea parlamentare dell’eurozona che abbia un peso nelle scelte riguardanti la moneta unica
Commissione e del Consiglio dei governi.
Esiste oggi, è vero, quella «procedura di codecisione» che è tuttavia poco più di un giochetto di parole: i Trattati di Maastricht e Lisbona sanciscono che le leggi le propone la Commissione (iniziativa legislativa, appunto), ma che l’Europarlamento può anche chiederle, diciamo così, il permesso di presentare a sua volta una propria proposta di legge. E ha sì il diritto di bocciare a sua volta una proposta legislativa della Commissione: ma il Consiglio dei governi, per legge, non è obbligato a tenere conto di quella bocciatura.
Tutto questo deve ora cambiare, dice chi propone il «Trattato di democratizzazione della governance dell’eurozona». Prima che sia troppo tardi. È già l’«Europa a due velocità» invocata a Berlino? Certo, le assomiglia molto. Ma forse è meglio della paralisi.