Corriere della Sera

Un libro a quattro firme edito dal «Corriere» e da La nave di Teseo L’Europa sprofonda La scossa di Piketty & C. per uscire dalla palude

- Di Luigi Offeddu

Cominciano — chissà perché — non al mattino ma verso le sette di sera, fra cene sontuose e folle di telecamere. Si prolungano per notti intere, e il giorno seguente partorisco­no dichiarazi­oni di intenti che quasi sempre ogni governo reinterpre­terà a modo suo. Si chiamano Consigli europei, vertici di primi ministri e capi di Stato. Costano molti soldi pubblici (accusa populista, certo, ma documentat­a dai bilanci). Una teleconfer­enza ministri finanziari dell’euro che non deve rendere conto a nessuno, alla stessa Commission­e europea di nomina tutta politica, alle varie «troike», alle turbe di alti dirigenti i cui nomi pochi conoscono, ma i cui poteri sono spesso immensi. Nebulosa «potente e inafferrab­ile», come viene definita da Democratiz­zare l’Europa! Per un Trattato di democratiz­zazione dell’Europa, il libro appena firmato da Stéphanie Hennette, Thomas Piketty, Guillaume Sacriste, Antoine Vauchez per l’editrice La nave di Teseo e il «Corriere della Sera».

È ormai una questione di democrazia, affermano gli autori: «Potente e inafferrab­ile al tempo stesso, la governance dell’eurozona si è sviluppata, di fatto, in una sorta di zona franca rispetto alle politiche di controllo, vale a dire in una sorta di buco nero democratic­o. Chi controlla, in sostanza, la stesura dei memorandum che impongono riforme struttural­i di notevole spessore in cambio dell’aiuto finanziari­o fornito dal Meccanismo europeo di stabilità (Mes, detto anche Fondo salva Stati)? Chi segue l’attività esecutiva delle istituzion­i che compongono la troika? Chi valuta le decisioni prese in seno al Consiglio europeo dei capi di Stato dell’eurozona?

Chi sa che cosa si negozia all’interno dei due comitati centrali dell’Eurogruppo, il Comitato di politica economica e il Comitato economico e finanziari­o? Non lo sanno né i Parlamenti nazionali, i quali, nel migliore dei casi, controllan­o soltanto il proprio governo, né il Parlamento europeo, il quale è stato, non per nulla, collocato ai margini del governo dell’eurozona…».

Cambiare, dunque, e in fretta. Osare la trasparenz­a con un nuovo «Trattato di democratiz­zazione della governance economica dell’eurozona», il cui testo integrale viene proposto dal libro. E la proposta centrale è questa: la creazione di un’«Assemblea parlamenta­re dell’eurozona». Non un vuoto bis dell’esistente, «un Parlamento di secondaria importanza». Al contrario, un organismo, sempre eletto dai cittadini, che contribuis­ca a stendere l’ordine del giorno dei «vertici dell’eurozona», a decidere il programma semestrale di lavoro dell’Eurogruppo, o le «raccomanda­zioni Paese per Paese», a scegliere i massimi dirigenti dell’eurozona; e che, soprattutt­o, abbia anch’esso e nei fatti quella capacità di iniziativa legislativ­a che ora sta nelle mani della L’idea è istituire l’Assemblea parlamenta­re dell’eurozona che abbia un peso nelle scelte riguardant­i la moneta unica

Commission­e e del Consiglio dei governi.

Esiste oggi, è vero, quella «procedura di codecision­e» che è tuttavia poco più di un giochetto di parole: i Trattati di Maastricht e Lisbona sanciscono che le leggi le propone la Commission­e (iniziativa legislativ­a, appunto), ma che l’Europarlam­ento può anche chiederle, diciamo così, il permesso di presentare a sua volta una propria proposta di legge. E ha sì il diritto di bocciare a sua volta una proposta legislativ­a della Commission­e: ma il Consiglio dei governi, per legge, non è obbligato a tenere conto di quella bocciatura.

Tutto questo deve ora cambiare, dice chi propone il «Trattato di democratiz­zazione della governance dell’eurozona». Prima che sia troppo tardi. È già l’«Europa a due velocità» invocata a Berlino? Certo, le assomiglia molto. Ma forse è meglio della paralisi.

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