Sulla nuvola con Michael Jackson
Per il suo bisogno di intervenire e di fare di tanto in tanto la Cassandra, lui stesso si definiva un «padre scomodo» o una «madre ebrea». Infatti, ogni tanto c’erano delle discussioni. Dicevo che dovevo fare le mie esperienze, che avrei imparato da quelle; che dovevo viverla, la mia vita, non farmela tracciare da chi ne aveva più esperienza. Ma lui insisteva a pungolare. Aveva, fortissima, la sensazione che non c’è tempo per distrarsi, per lasciarsi andare alla deriva. Mi diceva: «Una strada imboccata preclude l’altra. Quindi, sii all’erta a ogni bivio, sii consapevole di tutto quel che fai». Sul momento poteva essere pesante, ma in realtà lui della vita era il più grande adoratore.
Il messaggio che me ne rimane è che bisogna prenderla di petto, assaporarla in pieno. Mi voleva padrona di me stessa, pronta a essere l’artefice del mio destino, almeno fino a quando le forze più grandi di noi me lo avrebbero permesso.
Seguendo le misteriose logiche della vita, che solo alla lunga rivelano il loro significato, il Babbo se n’è andato pochi mesi dopo che io mi ero sposata e diventata madre. Il passaggio generazionale era compiuto. Oggi ho tre figli. Spesso mi spiazzano per come sanno guardare in faccia alle cose, convinti però che tutto è possibile. Per loro il nonno è morto (e come si divertono a dirlo!), ma è anche su una nuvola che passeggia con gli unici altri due esseri della cui scomparsa sono consapevoli: Sammy, il cane nero col quale giocavano spesso, e Michael Jackson, uno dei loro primi idoli musicali. Un triunvirato simpatico quanto inverosimile...