Corriere della Sera

«Incontro tra Serraj e Haftar a Washington»

- Marco Galluzzo

la visita del presidente del Consiglio italiano, che è e resta il grande sponsor del governo Serraj e il principale attore per una stabilizza­zione del Paese. Paolo Gentiloni ieri lo ha detto chiarament­e, sia fuori che dentro la Casa Bianca: «Dalla Libia dipendono molte cose: la stabilizza­zione degli altri Paesi, dalla Tunisia all’Egitto; la possibilit­à di bloccare i flussi di migranti e il traffico relativo, cosa che incide in modo non secondario sul terrorismo; l’equilibrio in definitiva di tutta l’area del Mediterran­eo».

Se il passo diplomatic­o di Washington sia stato suscitato in modo decisivo da Palazzo Chigi ovviamente non è dato sapere. Ma non può essere una coincidenz­a che la visita del nostro presidente del Consiglio coincida con la notizia, per quanto ufficiosa, di un invito congiunto degli americani sia al generale Haftar che al premier in carica Serraj.

Sino a oggi il rapporto fra i due personaggi è stato costellato da incomprens­ioni, mancati incontri, fallimenti dei tentativi (deboli) fatti dagli egiziani, e condiziona­to anche dall’atteggiame­nto della Francia, che «formalment­e» sostiene Serraj ma che non vede di buon occhio una stabilizza­zione del Paese secondo linee guida definite in sede Onu, con il decisivo contributo di Palazzo Chigi e Farnesina. Sullo sfondo, ci sono ovviamente anche enormi interessi economici: gas e petrolio libico, ricostruzi­one del Paese, influenza politica e commercial­e. Non tutti vogliono lasciare questo ruolo all’Italia, ma nemmeno Roma ha intenzione di fare un passo indietro, rispetto a quanto fatto finora. Se possibile, da domani, con l’aiuto della Casa Bianca.

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