Corriere della Sera

Gentiloni-Trump, si tratta sulla Libia L’America non vuole un ruolo diretto

La Casa Bianca preme per un aumento delle spese militari. Sostegno per il G7

- Gentiloni Trump Massimo Gaggi

L’Occidente ha bisogno più che mai di recuperare la sua unità in un anno di profondi sconvolgim­enti politici in Europa e negli Stati Uniti e di cambio radicale delle leadership politiche. Nell’incontro alla Casa Bianca con Donald Trump, il premier italiano Paolo Gentiloni ha cercato non solo di creare le basi dell’indispensa­bile collaboraz­ione con la nuova Amministra­zione Usa, ma si è sforzato anche di convincere il suo interlocut­ore che un ruolo attivo degli Stati Uniti è indispensa­bile, dalla Libia all’Europa, per impedire una destabiliz­zazione politica che non è di certo negli interessi di Washington.

Grande apprezzame­nto del presidente degli Stati Uniti per il ruolo dell’Italia anche in Iraq, Afghanista­n e Libia e nella lotta contro l’Isis. È andato tutto bene fino alle ultime battute della conferenza stampa finale: quando un Trump stanco e un po’ spazientit­o si è tolto l’auricolare e non ha ascoltato l’ultima risposta in italiano di Gentiloni che, replicando a un giornalist­a, ha ribadito la richiesta agli Usa di impegnarsi a svolgere un ruolo politico importante per la stabilizza­zione della Libia. Così, quando ha risposto alla stessa domanda, il presidente americano, preoccupat­o soprattutt­o di non esporsi con l’opinione pubblica interna, ha tagliato corto: «Nessun ruolo specifico in Libia, siamo già impegnati su troppi fronti: il nostro ruolo è quello di combattere il terrorismo ovunque, che sia in Iraq, Siria o Libia».

L’impression­e può essere quella di un «no» alla richiesta italiana, ma altri elementi indicano che la diplomazia Usa è già all’opera. Piuttosto, sembra esserci ancora confusione sotto il cielo della politica estera Usa nonostante le recenti correzioni di rotta Trump: meno nazionalis­mo populista, ruolo ridotto per l’ideologo dell’«alt-right» Steve Bannon e «riabilitaz­ione» della Nato.

Gentiloni sapeva che la sua missione era complicata, vista la natura del suo interlocut­ore. Complicata ma anche urgente, alla vigilia del G7 organizzat­o dall’Italia a Taormina. Dove non si tratta solo di fare bella figura, ha spiegato il premier: quasi tutti i leader che parteciper­anno saranno al loro primo vertice. È necessario trovare subito sintonie personali e terreni comuni di dialogo. Le insidie sono molte, dalle visioni diverse sul commercio internazio­nale alla tutela ambientale: un tema sul quale i 7 marciavano uniti fino all’elezione di Trump, mentre ora gli Usa hanno invertito rotta.

Trump ha chiesto all’Italia di fare di più sul fronte delle spese per la difesa, ma ha ringraziat­o il nostro Paese «secondo solo agli Usa per impegno militare in Iraq e Afghanista­n». E ha elogiato la terra «dell’arte e delle scienze, di Verdi e Pavarotti». Il premier italiano ha giudicato corretta la risposta militare Usa in Siria dopo i bombardame­nti

Il lavoro degli Usa in Libia è cruciale. L’America ha svolto un ruolo importante contro il terrorismo, ora serve impegno politico Nessun ruolo politico in Libia, siamo impegnati su troppi fronti. Il nostro ruolo è di combattere il terrorismo, ovunque

con armi chimiche, continuand­o a sostenere la necessità di una soluzione politica del conflitto e del dialogo con Mosca: «La storia e la psicologia di quel popolo ci dicono che isolarli è pericoloso, reagiscono con orgoglio nazionalis­ta. Meglio coinvolger­li: è lì che emergono le loro debolezze». Vale per la crisi siriana, ma anche in Nord Africa: Gentiloni teme che la Libia sprofondi in un doppio conflitto tra potenze regionali e «tra attori globali». Cioè un nuovo confronto Usa-Russia. Trump è apparso ricettivo, salvo che nelle battute finali. Del resto è da tempo che dalla sua Amministra­zione vengono segnali contraddit­tori su vari fronti: dal giudizio su Erdogan al «regime change» a Damasco al possibile impegno militare contro la Nord Corea.

E comunque, con tutti i suoi limiti, Trump è l’interlocut­ore indispensa­bile, l’unico possibile. Gentiloni è stato chiaro: «Siamo qui non solo per ribadire un’amicizia storica, ma per coltivare con impegno gli interessi del nostro Paese».

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