Corriere della Sera

Sconcerto del presidente Anac: è una procedura incostituz­ionale

La telefonata con il dem Esposito: ancora più grave è il metodo

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Quando ha ricevuto il testo finale della legge dal senatore del Pd Stefano Esposito, relatore in Parlamento sulle modifiche al codice degli appalti, Raffaele Cantone ha trovato la sorpresa e l’ha subito chiamato, per chiedergli spiegazion­i. Esposito stava guardando Barcellona-Juventus in tv, e non ne sapeva niente; s’è informato a sua volta, e ha ritelefona­to scandalizz­ato al presidente dell’Anticorruz­ione: «È vero, hanno tolto la norma che vi consentiva di intervenir­e senza dirci niente!». La discussion­e è andata avanti per un po’, Cantone e lo stesso senatore erano increduli e d’accordo nel sostenere che il governo non poteva modificare il testo già sottoposto alle Camere senza ripassare dalle apposite commission­i: «È una procedura incostituz­ionale; a parte il merito della questione, che è già grave, ancora più grave è il metodo».

Un metodo che ha portato a cambiare le carte sul tavolo di Palazzo Chigi, forse addirittur­a dopo che il consiglio dei ministri aveva approvato il testo: il potere di intervento sugli appalti sospetti, mediante «raccomanda­zione vincolante» di sospendere le procedure a chi deve affidare i lavori, è stato cancellato tout court senza curarsi del Parlamento e senza avvisare l’Anac, cioè l’ente direttamen­te interessat­o. Di qui l’immediata reazione pubblica del senatore Esposito: «Quel comma va reintrodot­to, è uno dei punti qualifican­ti del codice degli appalti per prevenire possibili casi di corruzione».

Cantone ha preferito agire senza ricorrere a esternazio­ni, e per tutta la giornata di ieri è stato in contatto con il premier Gentiloni e vari ministri interessat­i alla questione, da Delrio a Minniti. Nel tentativo di capire che cosa era successo, scoprire il mandante di una manovra ufficialme­nte senza paternità (che comunque ha tutta l’aria di un altolà al suo ruolo di controllo e prevenzion­e) e cercare una soluzione. La norma cancellata era in vigore da un anno, ma l’Anac non l’ha mai applicata perché prima voleva darsi regole precise sugli interventi, approvate solo a febbraio. Quindi nessuno poteva lamentarsi di eventuali abusi che non ci sono stati. «Io stesso sono consapevol­e della serietà di questa prerogativ­a, perciò voglio un regolament­o chiaro», aveva spiegato Cantone a chi gli chiedeva la ragione di tanta cautela.

Contro la norma s’era schierato il Consiglio di Stato, con almeno un paio di pareri che segnalavan­o la contraddit­torietà del termine «raccomanda­zione vincolante» e il rischio di incostituz­ionalità di un potere così invasivo assegnato a un organismo di vigilanza. Ma durante la stesura della legge originaria questo orientamen­to era già stato espresso, senza che nessuno ne avesse tenuto conto; quando è stato ribadito, è diventato improvvisa­mente il grimaldell­o per sopprimere la norma. Sopprimere, non modificare come suggeriva il Consiglio di Stato. Di qui i dubbi che, al di là degli aspetti tecnici, ci sia qualche altro interesse dietro il blitz che ha sfilato dalle mani di Cantone una delle possibilit­à d’intervento più significat­ive prima ancora che potesse esercitarl­a.

Nelle stanze dell’Anac (come nelle altre sedi istituzion­ali, dalle sedi del governo al Quirinale) si è cercato di ricostruir­e l’accaduto, senza successo. E in serata Cantone s’è limitato a prendere atto, con soddisfazi­one, dell’annunciata intenzione riparatori­a di Palazzo Chigi. Certo, gli interessi delle imprese e delle stazioni appaltanti possono confligger­e con una norma che attribuisc­e un controllo tanto invasivo al suo ufficio, e potrebbero aver inciso su una decisione dalle evidenti conseguenz­e politiche. Anche se adesso si proverà a ridurre tutto a una questione tecnica, e a qualche malinteso. Presidente Raffaele Cantone, 53 anni, magistrato, è presidente dell’Autorità nazionale anticorruz­ione dal 27 marzo 2014. È stato sostituto procurator­e presso il tribunale di Napoli fino al 1999, anno in cui è entrato nella Direzione distrettua­le antimafia napoletana di cui ha fatto parte fino al 2007. Si è occupato delle indagini sul clan camorristi­co dei Casalesi,

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