VESCOVI E POLITICA IL SEGRETARIO DELLA CEI
con foga, senza concedere nulla. Quel tema, l’otto per mille, rimane come un tallone d’Achille che gli avversari della Chiesa toccano a intermittenza, per misurarne la debolezza: tanto più che dal 2008 al 2016 è calato dell’11,1 per cento, nonostante la popolarità di papa Francesco.
«Dell’otto per mille stiamo parlando con tranquillità, e dunque non è questa la nostra preoccupazione», assicura. «Abbiamo detto di esaminare pure i bilanci della Cei per vedere come utilizziamo quel contributo. Mi permetto di dire che chi alimenta questi sospetti spesso è in malafede». Ma ormai il problema non è la vicinanza vera o presunta a Grillo. Il problema è convincere le gerarchie ecclesiastiche che quanto è successo è un incidente di percorso, non una strategia. Ci sono vescovi italiani inclini a sospettare che l’«operazione Cinque Stelle» sia frutto di una manovra della quale sono all’oscuro; e affranti perché proprio la stampa cattolica alimenterebbe il disorientamento di un’opinione pubblica già confusa.
La sensazione è che Avvenire abbia ritenuto di captare umori che circolano nel suo mondo, intervistando Grillo come aveva intervistato altri politici. Ma le critiche del settimanale Famiglia cristiana al quotidiano fotografano bene un mondo diviso non appena si sfiorano argomenti politici. È come se il vecchio collateralismo con la Dc durante la Guerra fredda, e poi il «collateralismo impossibile» con Silvio Berlusconi, avessero lasciato un vuoto non ancora colmato; e incolmabile con il M5S. Nelle ore più concitate di mercoledì i vertici della Cei avrebbero perfino considerato l’eventualità di un comunicato ufficiale per prendere le distanze da Avvenire.
Ma sarebbe suonato come una sorta di «scomunica» inedita e foriera di altre polemiche, evitate dalle poche righe con le quali il direttore ha spiegato di avere espresso sue opinioni personali: precisazione naturale e insieme irrituale. Il vicepresidente della Camera del M5S, Luigi Di Maio, ieri ha detto che «la Chiesa e il Vaticano noi li viviamo come un partito con cui allearci», confermando il dialogo in nome della realpolitik. Rimane da capire fin dove si potrà spingere senza provocare una reazione di rigetto.