I collaboratori: lui racconta chi non ha diritti
Palermo, Prato, Bologna, Milano, Torino. Twitter, Facebook. Tutti per dire #iostoconG-abriele. Gabriele è Del Grande, il documentarista italiano in stato di fermo in Turchia da dieci giorni. Non solo un caso diplomatico. Ma quel Gabriele che tutti conoscono e che vogliono riabbracciare. «Non è uno sprovveduto, conosce l’arabo, è stato in Siria 4 volte in sei anni di conflitto, quello che gli sta capitando è inaccettabile». Antonio Augugliaro, 39 anni, ha lavorato al suo fianco per «Io sto con la sposa», storia di un finto corteo nuziale che è diventato un documentario pluripremiato. «Ci siamo conosciuti per caso a Milano nel 2012. Da lì siamo diventati amici», racconta. Ma è nell’ottobre del 2013 che inizia quel viaggio che parte dalla Siria, passa sui barconi che attraversano il Mediterraneo e arriva fino alla Fortezza Europa, fatta di controlli e divieti. «In quel periodo Gabriele andava spesso in Stazione Centrale ad aiutare i migranti. Lì ha conosciuto Abdallah, sopravvissuto al naufragio di Lampedusa del 3 ottobre. Ci abbiamo ragionato ed è così che è nato il documentario». Anche Valeria Verdolini, 35 anni, presidente di Antigone Lombardia fa parte di questo viaggio. Per un attimo sorride. «In “Io sto con la sposa” guidavo l’auto». Poi la preoccupazione per l’amico in cella torna. «Gabriele è partito per la Turchia per il suo nuovo libro, “Un partigiano mi disse”. Va sempre in cerca di testimonianze dirette, è il suo modo di fare il giornalista». L’ansia è composta, qualcuno suona il sassofono. Al posto dei comunicati stampa, i disegni a carboncino. «Come ha detto Giusi Nicolini (sindaca di Lampedusa, ndr) Gabriele contava i morti in mare quando ancora nessuno sapeva». E ora? Valeria non ci pensa un secondo. «Sta vivendo quella sospensione dei diritti che ha raccontato fin dai suoi primi lavori. Non gli fanno chiamare un avvocato, non è stato visitato da un medico, nonostante abbia iniziato lo sciopero della fame. E non sa per quale motivo sia stato fermato. Direi che è abbastanza così».