La donna-simbolo che sfida da sola i blindati del regime
Oggi è questa donna dai capelli grigi la ribelle più famosa del Venezuela. E’ la signora senza nome che in una strada di Caracas ha appoggiato la testa sul «Rinoceronte» bianco, uno dei blindati anti-sommossa (made in China) della Guardia Civile. Ha offerto le spalle ai militari mandati dal presidente Maduro, in segno di pacifica sfida. Tra migliaia e migliaia di manifestanti scesi in piazza in questi giorni nel Paese sudamericano (ieri tre morti), è la foto di questa donna la più cliccata, la più condivisa. Naturalmente è stata paragonata alla famosa immagine di «Tank Man», lo sconosciuto che con due sacchetti di plastica in mano fermò per alcuni interminabili minuti i carri armati in piazza Tienanmen, a Pechino, il 5 giugno 1989. Anche la grigia ribelle di Caracas aveva una borsa e si è spostata impedendo al «tanque» di proseguire. Fino a quando sono arrivati due poliziotti che l’hanno portata via in moto, con lei in mezzo a cavalcioni sulla sella. Sarà auspicabilmente rilasciata, e poi troppo intervistata e infine dimenticata. Come le centinaia di donne che sfidarono i carri armati russi a Budapest nel 1956, come la moltitudine di filippine (suore comprese) che accanto agli uomini (preti compresi) un giorno del 1986 bloccarono i tank del dittatore Marcos arrampicandosi sulle torrette per recitare assieme ai soldati il rosario. Non sempre le preghiere degli inermi vengono esaudite. In Siria nel 2011 i civili cercarono di «addomesticare» i blindati del dittatore e sappiamo com’è finita.
La signora del Venezuela che ha fermato il Rinoceronte non farà la storia. Eppure ci colpisce più di una marea umana in marcia. Perché, come Tank Man, è sola nel suo coraggio, nella sua inquadratura.