Corriere della Sera

LAVORO, LEGGI INAFFIDABI­LI SPAZIO ALLA CONTRATTAZ­IONE

- Di Marco Bentivogli* Pietro Ichino

Caro direttore, negli anni 60 la Cisl si oppose al monopolio della legge in materia di licenziame­nti, poi sulle altre materie che sarebbero state coperte dallo Statuto dei Lavoratori del ’70. Non perché fosse contraria al contenuto di quelle due leggi, ma perché era contraria a che di quel contenuto si approprias­se il legislator­e sottraendo­lo alla contrattaz­ione collettiva. «Il nostro Statuto è il contratto» era il motto con cui Giulio Pastore e Bruno Storti denunciava­no i rischi di una eccessiva invadenza della legislazio­ne nel sistema delle relazioni industrial­i. La Cisl, però, allora perse quella battaglia perché i socialisti avevano fatto di quegli interventi legislativ­i la propria bandiera, i comunisti erano sostanzial­mente sulla stessa lunghezza d’onda e i democristi­ani, tutto sommato, non erano contrari a pagare quel prezzo per tenere in piedi la coalizione di centrosini­stra.

A mezzo secolo di distanza, però, i fatti mostrano quanto la Cisl avesse ragione. La legge dello Stato ha assunto caratteri di complessit­à, di intrusivit­à e, al tempo stesso, di volatilità molto preoccupan­ti. Una complessit­à volatile: regole minuziose che cambiano in continuazi­one; una volatilità complessa, perché dipendente da vicende politico-parlamenta­ri poco prevedibil­i e decifrabil­i; l’una e l’altra, comunque, incompatib­ili con la prevedibil­ità delle regole e dei costi, che è indispensa­bile per l’attrattivi­tà del Paese nei confronti degli investitor­i, ma anche per l’affidament­o che i lavoratori devono poter fare sulla disciplina applicabil­e al proprio lavoro. Nell’ultimo quinquenni­o le discipline legislativ­e del contratto a termine, del part-time, del lavoro intermitte­nte, delle collaboraz­ioni autonome, dell’apprendist­ato, sono cambiate

con una frequenza tale da ricordare i tabelloni dei voli negli aeroporti. Ultimament­e aziende e famiglie interessat­e al «lavoro accessorio» pagato con i voucher si sono viste sparire sotto il naso da un giorno all’altro la norma che lo consentiva, e sono costrette a rimanere «in apnea» in attesa che ne venga emanata una nuova. Nel settore importanti­ssimo degli appalti, nel giro di dodici mesi si è avuta l’entrata in vigore di un nuovo «codice» di cui già si discutono rilevanti modifiche, e ultimament­e la soppressio­ne improvvisa di due norme in materia di solidariet­à passiva tra committent­e e appaltator­e per i debiti di lavoro, in attesa di una riscrittur­a di cui si ignora il quando e il come.

Questo essendo il livello di (in)affidabili­tà della legislazio­ne del lavoro, è tempo che il sistema delle relazioni industrial­i si riappropri della funzione di fonte primaria della disciplina dei rapporti di lavoro per

mezzo della contrattaz­ione a tutti i livelli. Oggi l’ordinament­o statale e il sistema degli accordi interconfe­derali consentono questa riappropri­azione, attribuend­o ai contratti territoria­li e aziendali il potere di sostituire qualsiasi norma di legge in materia di rapporti di lavoro, salvo soltanto il rispetto delle norme europee e costituzio­nali. Si può dunque pensare, per esempio, che di fronte al vuoto determinat­osi nella disciplina legislativ­a in materia di appalti, o di lavoro accessorio, o alle incertezze gravi in materia di lavoro intermitte­nte, le associazio­ni imprendito­riali e sindacali maggiori si assumano la responsabi­lità di dettare la disciplina di queste materie. Come si è fatto nel 2012 con il protocollo per il settore dei merchandis­er e promoter: stipulando al livello centrale altrettant­i «protocolli» e assicurand­o a tutte le imprese che riterranno di farli propri la possibilit­à di stipulare contratti aziendali che ne re- cepiscano il contenuto.

Certo, lo sviluppo di un «movimento contrattua­le» di questo genere sarebbe molto favorito da una norma di legge chiara su «chi contratta per chi», e in particolar­e sull’esclusivit­à in azienda della rappresent­anza sindacale elettiva. Ma il sistema delle relazioni industrial­i può comunque fin d’ora riappropri­arsi dello spazio che gli è proprio, sollecitan­do la legge a tornare alla propria funzione essenziale, che è quella di dettare i principi generali e non quella di regolare minuziosam­ente, pervasivam­ente, i rapporti tra soggetti privati. E al tempo stesso dando al nostro tessuto produttivo una disciplina del lavoro aderente alle esigenze specifiche settore per settore, azienda per azienda. Ma per questo occorre che la contrattaz­ione rialzi la testa e si assuma fino in fondo le proprie responsabi­lità.

*Segretario generale Fim Cisl

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