LABURISTI BRITANNICI, COME CONIUGARE LENINISMO E POPULISMO
Mai così a sinistra: il programma del partito laburista britannico per le elezioni di giugno è un inno alla lotta di classe come non si vedeva dagli anni Settanta. Una proposta laburista-leninista per il socialismo del XXI secolo, incartata però in una retorica populista anti-élite e anti-establishment che riecheggia quella della destra trumpiana. Il vecchio Neil Kinnock, leader ai tempi della Thatcher, è stato lapidario: non confida più di vedere il suo partito al governo prima di passare a miglior vita. Ma il leader attuale, Jeremy Corbyn, ci crede fermamente. E promette innanzitutto di alzare le tasse per i ricchi, nei quali lui include tutti quelli che guadagnano più di 70 mila sterline (circa 80 mila euro): praticamente il ceto medio. Poi annuncia una stangata Iva sulle scuole private, pensioni più generose, pasti gratis nelle scuole elementari, salario minimo portato a 10 sterline l’ora, fondi extra al servizio sanitario pubblico. La linea rossa è tracciata: fra i «creatori di ricchezza», ossia la gente, e gli «esattori di ricchezza», i grassi capitalisti che beneficiano di un sistema falsato a loro favore. I laburisti hanno «il compito storico di fare in modo che il popolo prevalga». «Non consentiremo più a chi sta in cima di comportarsi da sanguisughe», ha tuonato Corbyn verso gli affamatori del popolo. Al momento i sondaggi danno i laburisti circa venti punti indietro ai conservatori della premier Theresa May. Ma per Corbyn anche quei dati sono prodotti «dai media e dall’establishment» e verranno smentiti nell’urna. In effetti molte delle sue proposte trovano sostegno nell’opinione pubblica: e se si guarda anche alla Francia e al fenomeno Mélenchon, il populismo di estrema sinistra sembra riuscire a esercitare un suo appeal. Quindi sarà bene seguire la traiettoria dei laburisti britannici, per quanto iperbolica, senza lasciarsi andare a giudizi affrettati.