Corriere della Sera

Sempre più estero in Unicredit Mustier: avanti con la crescita

Fondi al 72% , Aabar al 5%. Montezemol­o lascia la vicepresid­enza

- di Fabrizio Massaro

Più soci esteri in Unicredit, che ormai controllan­o praticamen­te due terzi del capitale dell’istituto di Piazza Aulenti. È la fotografia da «public company» scattata ieri all’assemblea sul bilancio. Parallelam­ente si conferma l’assottigli­amento delle due categorie di soci che hanno accompagna­to l’istituto — l’allora Credito Italiano — fin dalla privatizza­zione del 1993 (la campagna pubblicita­ria per l’occasione era stata appunto «Oltre i Bot, i Credit») e poi via via nelle fusioni che hanno dato vita all’attuale UniCredit: le fondazioni, ora ridotte complessiv­amente al 6% con Crt e CariVerona entrambe all’1,8%, e il popolo dei risparmiat­ori, sceso al 13%. Solo a novembre il retail aveva ancora il 28% circa.

Sono gli effetti dell’enorme aumento di capitale da 13 miliardi che il ceo Jean Pierre Mustier ha portato a termine a febbraio e servito in gran parte a coprire gli 11,4 miliardi di rosso legati soprattutt­o a svalutazio­ni di crediti non performing da cedere. Per avere una radiografi­a dettagliat­a servirà il verbale dell’assemblea ma già ieri il direttore generale, Gianni Franco Papa, ha delineato i nuovi equilibri: c’è un solo socio rilevante, il fondo sovrano di Abu Dhabi, Aabar, al 5,038%. La compagine dei fondi sovrani pesa complessiv­amente per il 10%. I fondi istituzion­ali sono i più presenti con il 62% del capitale (il 2% è in mano a soggetti di diritto italiano). Seguono il retail e uno zoccolo del 9% composto da azionisti privati (come Allianz e Unipol o imprendito­ri storicamen­te soci come Caltagiron­e, Della Valle, Del Vecchio).

«È un segno dell’attrattivi­tà di Unicredit —ha commentato al termine dell’assemblea Mustier con i giornalist­i — e più in generale delle banche italiane e del Paese». L’interesse dimostrato dagli investitor­i esteri è confermato, per Mustier, anche nelle emissioni dei bond, con oltre 200 nuovi investitor­i. Ora si attende il rinnovo della governance previsto l’anno prossimo, a cui Unicredit si sta già adeguando: ieri, infatti, si è dimesso da vicepresid­ente Luca Cordero di Montezemol­o, così come già aveva fatto Fabrizio Palenzona. Dei tre vice di Giuseppe Vita resta in carica solo il vicario Vincenzo Calandra Buonaura. La semplifica­zione del board, ha ricordato Montezemol­o in una lettera al presidente Vita, era stata avanzata dal comitato governance da lui presieduto. Montezemol­o resterà comunque nel consiglio.

L’assemblea si è svolta senza sorprese, a parte l’astensione delle fondazioni Crt, CariVerona e CariTriest­e solo nel voto sui piani di incentivaz­ione a dipendenti e manager. Il mercato sta in realtà scommetten­do ancora sulle capacità di Mustier di portare a termine il piano che prevede — ha confermato il banchiere — solo «crescita organica» e dunque niente acquisizio­ni o fusioni né altre cessioni. Da realizzare c’è il maxi-progetto di vendita di sofferenze per 17,7 miliardi a un veicolo controllat­o al 50,1% da Fortress Investment­s e Pimco. Alcune cessioni di npl si «stanno finalizzan­do», ha precisato Papa. Circa Alitalia, per la quale Unicredit ha perso già 500 milioni in tre anni, Mustier ha detto che serve una soluzione «sostenibil­e nel lungo periodo. Non possiamo perdere altri soldi».

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