L’asparago solo e l’ironia (dolce) della vecchiaia
L’aneddoto legato a questo Asparago, una delle opere di Manet più singolari in mostra a Milano, circola da tempo. Pare che il collezionista Charles Ephrussi gli avesse commissionato il dipinto di un mazzo di asparagi. Al momento della consegna, il raffinato erede della famiglia originaria di Odessa, ritenne opportuno pagare l’opera più del dovuto, mille franchi invece degli ottocento pattuiti. Manet all’epoca era anziano (siamo nel 1880, tre anni prima della sua morte) ma non aveva perso il suo leggendario spirito corrosivo. Così — racconta la vulgata — dipinse un asparago (quello che vedete nella foto qui in basso) e lo mandò al collezionista con un biglietto ironico che recitava più o meno così: «Ecco, questo mancava al
vostro mazzo». Ma negli ultimi tempi della sua carriera, Manet scelse spesso di dedicarsi a opere di piccole dimensioni, sovente a soggetto unico come in questo caso. Un po’ perché i lavori grandi lo affaticavano, ma un po’ anche perché questo gli permetteva di inviare dei piccoli doni agli amici e ai sostenitori. Come dei biglietti affettuosi che prese a disseminare, al termine di una vita amarissima, una vita in cui aveva dovuto combattere l’ostilità degli specialisti dell’accademia e le invettive dei critici d’arte. In mostra c’è anche un piccola composizione floreale, Ramo di peonie bianche e cesoie, del 1864. La peonia era il suo fiore preferito, una pianta di lusso, giunta da poco in Europa: lui stesso prese a coltivarne nel giardino di Gennevilliers. E finalmente anche Manet colse la bellezza della vita e del lavoro en plein air, alla maniera degli Impressionisti, lui che aveva sempre prediletto il lavoro «al chiuso». Tanto è vero che una volta Manet eseguì il ritratto di Monet, cogliendo il collega nell’atto di dipingere mentre si trovava in barca. E, con ironia affettuosa, intitolò il quadro: Monet che dipinge sull’atelier galleggiante.