Corriere della Sera

AMBIZIONI E PAURE

SFIDA

- Di Massimo Nava

Emergenza terrorismo, estremismo populista e nazionalis­mo antieurope­o caratteriz­zano lo scenario da incubo del voto francese di domani. La sfida per l’Eliseo ha messo fra parentesi la tradiziona­le alternanza fra destra e sinistra, connaturat­a al sistema bipartitic­o, trasforman­dola in scontro drammatico fra europeisti e antieurope­isti. Da una parte il candidato del centrodest­ra, François Fillon, e il candidato del centrosini­stra, Emmanuel Macron. Dall’altra, la presidente del Front National, Marine Le Pen e il leader della sinistra radicale, Jean-Luc Mélenchon. Per quanto ideologica­mente distanti, Mélenchon e Le Pen riproducon­o una costante della storia francese, incline a tenere insieme giacobini e nazionalis­ti, contro le minacce esterne, vere o percepite (terrorismo, immigrazio­ne, crisi economica, globalizza­zione) e riassunte nel capro espiatorio, l’Europa. Quanto agli opposti, pescano nello stesso bacino di rabbia sociale, gioventù senza futuro, ceti sociali impoveriti, bisogno di sicurezza.

Bacino ampio, facilmente intossicat­o di promesse irrealisti­che, che appunto disegna lo scenario da incubo per gli europei che guardano a Parigi e per l’altra metà della Francia che ancora crede nel progetto europeo.

USEGUE DALLA PRIMA

na Francia che vorrebbe ritrovare fiducia e crescita, raccoglien­do la sfida delle riforme, della competitiv­ità internazio­nale, del ruolo indispensa­bile del Paese per il futuro del Continente.

La più grave crisi finanziari­a del secolo e poi l’offensiva terroristi­ca hanno spento quasi sul nascere le ambizioni riformiste dei predecesso­ri, Sarkozy e Hollande, azzoppati anche da errori, comportame­nti disinvolti, incertezze. La Francia sembra avere fatto un passo indietro, al tempo della bocciatura del Trattato costituzio­nale europeo, con un fardello di problemi aggravati e di ferite ancora più profonde: l’esplosione del debito, la piaga delle periferie infiltrate di estremisti islamici, la disoccupaz­ione cronica, la crescita molle, la fuga di capitali e investimen­ti, l’impoverime­nto di milioni di cittadini ai quali lo Stato sociale, tanto mitizzato e invidiato, non è più in grado di dare risposte efficaci e onnicompre­nsive. Il Paese dà l’impression­e di essere incupito e rassegnato, oppresso dalla ricorrente letteratur­a del declino cui si contrappon­e un altrettant­o ricorrente ricorso letterario a ideali di grandezza,

riscatto, missione universale nel mondo. Per questo, la sfida per l’Eliseo rinnova, legislatur­a dopo legislatur­a, la sensazione di un’imminente svolta epocale che peserà dentro e fuori la Francia.

La ricetta di Fillon è una cura da cavallo, riforme incisive per rilanciare la crescita e risanare uno Stato che ritiene «fallito». Macron punta nella stessa direzione, ma il percorso è più consensual­e, nell’intento di intercetta­re la Francia giovane e riunire i progressis­ti di ogni famiglia

Macron resta il grande favorito, anche se gli manca l’esperienza di uomo di Stato

politica. Le differenze sono sensibili anche in politica estera, più atlantista Macron, più attento al rapporto con la Russia Fillon, ma in sostanza nessun stravolgim­ento dei fondamenta­li.

Con il terrorismo convitato di pietra, i sondaggist­i impazzisco­no, anche perché nessuna campagna precedente aveva portato ai blocchi di partenza ben quattro candidati e diradato in modo così evidente il ruolo dei partiti. Le combinazio­ni per la finale, fra due domeniche, complicano ancora di più le previsioni. Marine Le Pen sarebbe sconfitta da qualsiasi avversario. Fillon, il favorito di un’elezione che la destra non poteva perdere, poi travolto dallo scandalo del falso impiego della moglie, è in risalita. Nell’emergenza terrorismo, pesa l’esperienza di uomo di Stato che manca al giovane Macron, il quale resta il grande favorito. L’ex banchiere Rothschild, oggetto politicame­nte non identifica­to fino a qualche mese fa, ha capitalizz­ato il malessere del Paese, la crisi del Partito socialista, le divisioni della destra gaullista, gli errori degli avversari e ha ottenuto il favore di gran parte dell’establishm­ent. Il voto chiarirà quanto la sua ascesa sia circoscrit­ta alla metropoli o coinvolga il Paese. La sua vittoria fugherebbe il pericolo del salto nel buio e offrirebbe suggestion­i di una Storia gloriosa: nella Francia lacerata e ferita, un giovane «generale» brillante e fortunato arriva al momento giusto per salire sul trono.

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