L’Italia retrocessa da Fitch: debito elevato e rischi politici
L’agenzia porta la valutazione a BBB, due soli gradini sopra il livello speculativo
Fitch abbassa il rating all’Italia. «Troppo lenti a ridurre il debito».
Il G20 dell’Italia è guastato da Fitch. L’agenzia di rating taglia il giudizio sull’affidabilità del debito: da Bbb+ a Bbb, un voto che resta solo due gradini sopra la linea della sufficienza. Motivo? «I rischi di un governo debole o instabile sono aumentati». L’outlook, cioè la prospettiva, da «negativa» passa ora a «stabile», con una previsione di crescita per il 2017 pari allo 0,9%, contro l’1,1% indicato dal governo.
Nella mattinata, però, lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva riconosciuto, in un’intervista alla Cnn: «Stiamo crescendo, ma non abbastanza e non siamo soddisfatti. Cresceremo di più». Più tardi il ministro ha approfondito l’analisi partecipando a un incontro nell’ambasciata italiana di Washington. Per Padoan «la durata della crisi finanziaria ha lasciato profonde ferite nell’economia» e quindi la ripresa italiana è più lenta rispetto al ciclo europeo e mondiale. Il ministro, tuttavia, sostiene che «cresceremo di più» e che le «banche italiane si stanno lentamente ma sicuramente riprendendo».
Il G20 dei ministri finanziari e dei banchieri centrali a Washington si chiude, di fatto, senza risultati. A metà mattinata il segretario del Tesoro americano Steven Mnuchin lascia la riunione per tornare di corsa al ministero e ricevere Donald Trump. Poco dopo il presidente degli Stati Uniti firma due ordini esecutivi per avviare lo smantellamento della DoddFrank, la legge che disciplina i mercati finanziari. Nello stesso momento i presidenti di turno del G20, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble e il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann stanno tenendo la conferenza stampa conclusiva. Soddisfazione per i segnali di crescita, ma «il consenso» di fondo sui grandi temi, dal protezionismo alle nuove regole per la finanza globale, si dimostra alla prova dei fatti piuttosto vago. Non c’è neanche il solito comunicato finale, «perché», spiega Schäuble, «le cose non sono cambiate dal precedente incontro di Baden-Baden». Nella cittadina termale tedesca, due settimane fa, la delegazione americana pretese e ottenne che dal documento conclusivo venisse tolto ogni riferimento al protezionismo.
In realtà il confronto sulla riforma della governance mondiale, nel segno della maggiore «apertura» e «inclusività», è in stallo. Il bulldozer Trump procede nella direzione opposta, minacciando dazi, chiusure commerciali e deregulation finanziaria.
Non resta, allora, che affidarsi ai punti di riferimento consolidati. A cominciare da Mario Draghi. Nel suo discorso il presidente della Bce conferma le sue ultime uscite: «Il rischio di deflazione nell’area euro è per lo più sparito». Tuttavia «la Bce si attende che i tassi di interesse restino ai livelli attuali per un periodo prolungato di tempo, ben al di là dell’orizzonte degli acquisti di asset». Il quadro generale migliora: «La crescita dell’economia dell’area euro, sostenuta dalle misure di politica monetaria della Bce, si sta rafforzando e ampliando». Ma se la situazione «diventasse meno favorevole», la Banca centrale «è pronta» a intervenire.
Più rischi politici L’accento sulla politica: «I rischi di un governo debole o instabile sono aumentati»