Karim, ex galeotto che odiava i poliziotti Quasi metà della vita in carcere. La madre l’aveva cacciato di casa. Quegli ultimi giorni a Marsiglia
dal nostro inviato
Il traffico scorre intenso verso l’Arco di Trionfo. All’altezza del numero 102 di avenue des Champs-Elysées hanno già tolto i pochi mazzi di fiori depositati al bordo del marciapiede. E naturalmente il negozio della catena inglese Marks & Spencer ha riaperto alle otto del mattino. Karim Cheurfi stava per rifugiarsi lì dentro. Le pallottole dell’unico agente della pattuglia non assassinato o ferito dalla sua raffica di Kalashnikov lo hanno fatto cadere sulla soglia. Nella rivendicazione l’Isis ha ribadito che l’obiettivo era di «catturare l’attenzione della popolazione».
Delinquente comune
monolocale ai piani bassi di uno dei due palazzi. «Da quando era tornato, usciva poco, solo per comprare alcol e sigarette. Mai visto pregare, mai visto indossare abiti tradizionali. Come sua madre».
L’errore
Il procuratore antiterrorismo Francois Moulins fa un sorriso amaro durante la sua conferenza stampa. Ha appena finito di recitare la lunga fedina penale di Chaurfi, che si conclude con la decisione presa il 7 aprile 2017 dal giudice di sorveglianza di non revocargli la libertà condizionata nonostante fosse sparito per più di un mese, dal 15 gennaio al 14 febbraio, trascorso in Algeria. «Si era giustificato
Tre familiari dell’assalitore sono stati rintracciati, fermati e interrogati a Chelles, nella banlieue di Parigi dove il killer abitava dicendo che era partito per sposarsi». La scelta di perdonare la fuga appare discutibile anche solo alla luce del notevole curriculum criminale, che comprende quattro condanne per tentato omicidio di due agenti, aggressione ai danni di un agente penitenziario, violenza aggravata su un detenuto, furto con effrazione. Il 14 ottobre 2015 era uscito dal carcere. «Durante la lunga detenzione non ha mai dato nessun segno di radicalizzazione» conclude Moulins.
La minaccia