La vicenda
Karim Cheurfi, nato il 31 dicembre 1977 a LivryGargan, un comune della regione parigina, è l’attentatore che l’altro ieri ha ucciso a colpi di Kalashnikov un agente e ne ha feriti altri due, prima di essere eliminato, sugli ChampsElysées a Parigi
Cheurfi ha passato 15 anni in carcere a partire dal 2001, per 4 diverse condanne (tentato omicidio di due agenti, aggressione ai danni di un agente penitenziario, violenza aggravata su un detenuto, furto con effrazione). Non era però schedato per la sua radicalizzazione
Era stato arrestato a febbraio dopo aver cercato di entrare in possesso di armi ed aver dichiarato di voler «uccidere poliziotti». In casa sua furono trovati dei coltelli da caccia. Era stato rilasciato per mancanza di prove
L’ennesimo terrorista improvvisato è riuscito nel suo intento. E adesso per l’ennesima volta la Francia si specchia nella propria fragilità, rappresentata dalle maglie larghe del suo sistema giudiziario. Chaurfi non era catalogato alla voce «fiche S», la schedatura che indica una minaccia alla sicurezza nazionale. Era piuttosto un vero delinquente. Aveva trascorso in carcere quindici dei suoi 39 anni. Sul selciato, tra la sua Audi 4 noleggiata per l’occasione e il furgone della Polizia, è stato trovato un foglietto scritto a mano dove si inneggia all’Isis, e un altro sul quale erano riportati gli indirizzi di alcune commissariati parigini. Solo il primo reperto è una sorpresa. Chaurfi odiava i poliziotti. Nel gennaio 2017, mentre si trovava in libertà condizionata, erano state intercettate alcune chiamate dove diceva di cercare armi perché voleva ammazzare «un bel po’ di agenti». L’inchiesta era stata archiviata lo scorso 9 marzo. Non erano state trovate armi. E neppure alcuna prova di radicalizzazione. Anzi.
In provincia
Il quartiere des Coudreaux di Chelles non è una banlieue nel senso di ghetto. Sorge ai bordi di un bosco, è circondato dal verde, come tutta la città, cinquantamila abitanti, al centro del dipartimento della Seine-et-Marne, 30 km da Parigi. La via dove abitava Cheurfi e dove risiedono da sempre i familiari è fatta di piccole case bifamiliari costruite all’inizio del Novecento, sormontata da due palazzi da 15 piani, uno dei quali incombe sulla moschea. «Un uomo solo e appartato, con pochi amici», così lo raccontano i vicini di casa. L’ultima volta che era uscito dal carcere la madre non lo aveva più voluto in casa. Aveva preso in affitto un