Corriere della Sera

La milionaria e gli sbarchi: «Ne abbiamo salvati 33 mila Un’indagine su di noi? Bene»

- di Alessandra Coppola

Il bilancio

«Tutte le nostre operazioni si sono sempre svolte sotto il coordiname­nto della Guardia costiera italiana e nel rispetto delle convenzion­i e del diritto internazio­nale del mare, pertanto nel pieno della legalità! A tutti coloro che continuano ad accusare noi e le altre Ong chiederei cosa stanno facendo per affrontare questa crisi umanitaria». Regina Catrambone ha esitato finora a rispondere alle accuse di «favorire i trafficant­i» e alle insinuazio­ni — per ultime quelle di Beppe Grillo — sull’«opacità» delle associazio­ni che hanno attrezzato imbarcazio­ni private per soccorrere i migranti attraverso il Mediterran­eo.

Infine, con il Corriere ha deciso di fissare alcuni punti fermi. «Ben vengano le indagini della magistratu­ra (la procura di Catania ha avviato un’inchiesta conoscitiv­a, ndr) perché è giusto che faccia il suo lavoro se c’è qualcosa di sospetto, noi ci siamo sempre detti pronti a prestare la massima collaboraz­ione». Catrambone sarà ascoltata a breve anche dalla commission­e Difesa del Senato. «Ma questa campagna di discredito certo non ci aiuta, l’ha detto anche il premier Gentiloni. Siamo un’organizzaz­ione umanitaria, non capisco davvero come si possa anche solo lontanamen­te pensare a legami

Regina Catrambone: Moas è finanziata da privati, i nostri conti sono pubblicati sul sito

tra noi e chi sfrutta persone innocenti che noi vogliamo aiutare».

Se s’è sentita chiamata in causa, è anche perché se si parla di «soccorso privato nel mediterran­eo» non si può che far riferiment­o al Moas, l’organizzaz­ione fondata nel 2013 da Regina e dal marito Christophe­r, imprendito­ri milionari italoameri­cani, residenti a Malta. «Filantropi», com’è scritto anche nel profilo di Wikipedia: da quattro anni investono una quota cospicua del loro patrimonio in elaborate operazioni di salvataggi­o. Sono stati i primi e chiunque sia salito a bordo della loro nave Phoenix dice anche che sono i migliori, i più profession­ali. Certo, con un percorso eccentrico.

«L’abbiamo fatto per rispondere alla chiamata di Papa Francesco da Lampedusa contro la “globalizza­zione dell’indifferen­za” — è la spiegazion­e di Catrambone — La mia famiglia e io ci siamo sentiti costretti ad agire. Non potevo sopportare che così tante persone morissero nello stesso posto dove sono cresciuta e dove in tantissimi vanno per le vacanze. Dalla prima missione, nel 2014, abbiamo salvato e assistito oltre 33 mila persone nel Mediterran­eo centrale, ma anche nel Mar Egeo».

Tanti interventi, un volume di costi consistent­e. È da questo punto che sono partite le insinuazio­ni. Se al principio è stato uno slancio e uno sforzo economico personale, ora questa macchina complessa come si finanzia? «A chi ci fa questa domanda dico: andate sul nostro sito (www.moas.eu). Ci sono tutti i conti pubblicati. Moas è finanziata privatamen­te. In primo luogo da mio marito e da me. Ma anche e soprattutt­o da moltissimi donatori che credono in quello che facciamo, nella nostra profession­alità e correttezz­a, e che per questo decidono di contribuir­e alla nostra missione».

Abbiamo il sostegno di tanti donatori Questa campagna di discredito certo non ci aiuta

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Insieme Regina e Christophe­r Catrambone

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