La milionaria e gli sbarchi: «Ne abbiamo salvati 33 mila Un’indagine su di noi? Bene»
Il bilancio
«Tutte le nostre operazioni si sono sempre svolte sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana e nel rispetto delle convenzioni e del diritto internazionale del mare, pertanto nel pieno della legalità! A tutti coloro che continuano ad accusare noi e le altre Ong chiederei cosa stanno facendo per affrontare questa crisi umanitaria». Regina Catrambone ha esitato finora a rispondere alle accuse di «favorire i trafficanti» e alle insinuazioni — per ultime quelle di Beppe Grillo — sull’«opacità» delle associazioni che hanno attrezzato imbarcazioni private per soccorrere i migranti attraverso il Mediterraneo.
Infine, con il Corriere ha deciso di fissare alcuni punti fermi. «Ben vengano le indagini della magistratura (la procura di Catania ha avviato un’inchiesta conoscitiva, ndr) perché è giusto che faccia il suo lavoro se c’è qualcosa di sospetto, noi ci siamo sempre detti pronti a prestare la massima collaborazione». Catrambone sarà ascoltata a breve anche dalla commissione Difesa del Senato. «Ma questa campagna di discredito certo non ci aiuta, l’ha detto anche il premier Gentiloni. Siamo un’organizzazione umanitaria, non capisco davvero come si possa anche solo lontanamente pensare a legami
Regina Catrambone: Moas è finanziata da privati, i nostri conti sono pubblicati sul sito
tra noi e chi sfrutta persone innocenti che noi vogliamo aiutare».
Se s’è sentita chiamata in causa, è anche perché se si parla di «soccorso privato nel mediterraneo» non si può che far riferimento al Moas, l’organizzazione fondata nel 2013 da Regina e dal marito Christopher, imprenditori milionari italoamericani, residenti a Malta. «Filantropi», com’è scritto anche nel profilo di Wikipedia: da quattro anni investono una quota cospicua del loro patrimonio in elaborate operazioni di salvataggio. Sono stati i primi e chiunque sia salito a bordo della loro nave Phoenix dice anche che sono i migliori, i più professionali. Certo, con un percorso eccentrico.
«L’abbiamo fatto per rispondere alla chiamata di Papa Francesco da Lampedusa contro la “globalizzazione dell’indifferenza” — è la spiegazione di Catrambone — La mia famiglia e io ci siamo sentiti costretti ad agire. Non potevo sopportare che così tante persone morissero nello stesso posto dove sono cresciuta e dove in tantissimi vanno per le vacanze. Dalla prima missione, nel 2014, abbiamo salvato e assistito oltre 33 mila persone nel Mediterraneo centrale, ma anche nel Mar Egeo».
Tanti interventi, un volume di costi consistente. È da questo punto che sono partite le insinuazioni. Se al principio è stato uno slancio e uno sforzo economico personale, ora questa macchina complessa come si finanzia? «A chi ci fa questa domanda dico: andate sul nostro sito (www.moas.eu). Ci sono tutti i conti pubblicati. Moas è finanziata privatamente. In primo luogo da mio marito e da me. Ma anche e soprattutto da moltissimi donatori che credono in quello che facciamo, nella nostra professionalità e correttezza, e che per questo decidono di contribuire alla nostra missione».
Abbiamo il sostegno di tanti donatori Questa campagna di discredito certo non ci aiuta