Corriere della Sera

Premio di coalizione, il pressing di Pisapia e il muro di Renzi

Il leader convinto che la riforma non si farà

- di Maria Teresa Meli

A chi glielo chiede, Matteo Renzi risponde sempre di sì. In pubblico, come in privato. L’ex segretario del Pd è convinto che il suo partito possa arrivare al fatidico 40 per cento. O che, comunque, possa avvicinars­i a quella soglia. Per questa ragione insiste con il premio alla lista (e continua a bocciare quello alla coalizione, caldeggiat­o, tra gi altri, da Forza Italia) anche a costo di rinunciare a un accordo a sinistra con Giuliano Pisapia.

L’ex sindaco di Milano non vuole andare alle elezioni con gli scissionis­ti del Pd. Per questo motivo ha deciso che ai primi di maggio, quando il Partito democratic­o avrà eletto il suo segretario, tornerà alla carica per chiedere ufficialme­nte a Matteo Renzi di fare un’apertura sul premio di coalizione.

La tattica

Pisapia e i suoi sperano che il no dell’ex presidente del Consiglio non sia irremovibi­le, ma che si tratti sempliceme­nte di tattica pre-primarie. Altrimenti per l’ex sindaco di Milano e compagni sarà inevitabil­e finire con Mdp e altri pezzi della sinistra, sempre che le soglie di sbarrament­o alla Camera vengano innalzate, come viene ipotizzato ultimament­e. Perché se invece rimanesser­o al 3 per cento, allora l’ex sindaco potrebbe ugualmente decidere di correre da solo, senza unirsi agli scissionis­ti. Uno dei suoi uomini a Roma, il vice di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, Massimilia­no Smeriglio, spiega così la ritrosia del movimento che fa capo a Pisapia ad allearsi con il resto della sinistra antirenzia­na: «Penso sia complicato rifare il Pci 30 anni dopo non avendo sondaggi al 30 per cento».

Ma da parte dell’ex premier, almeno finora, non è arrivata nessuna apertura reale nei confronti di Pisapia. E in Renzi è sempre forte la tentazione di giocarsi la partita polarizzan­do lo scontro tra Pd e Movimento 5 Stelle, invocando il voto utile e puntando al 40 per cento. Anche perché, al di là delle frasi di rito e delle proclamate intenzioni dei renziani, l’ex segretario non sembra credere che la strada di una riforma della legge elettorale sia percorribi­le. Ieri, Lorenzo Guerini, in un’intervista al Quotidiano nazionale, ha lasciato capire che il Partito democratic­o ha fretta di chiudere la partita della legge elettorale: «Siamo pronti anche a fare un accordo con i grillini se serve», ha dichiarato.

Il rapporto con M5S

Poi, in privato i sostenitor­i dell’ex premier spiegano che in realtà non si fidano affatto dei Cinque Stelle e, piuttosto, puntano a un’intesa con Forza Italia. Ma la condizione posta da FI per trovare un compromess­o con il Pd è il premio di coalizione.

Insomma, quello della riforma appare come un gioco dell’oca in cui si torna sempre al punto di partenza. Perciò Renzi ai suoi va ripetendo: «La legge elettorale non si farà mai». Per la verità un modo ci sarebbe, è quello caldeggiat­o da Pisapia, da Berlusconi e, all’interno

del Pd, da Franceschi­ni e da Orlando: cedere sul premio di coalizione. Per ora, però, Renzi non ne vuole sentire parlare.

E allora perché questa improvvisa accelerazi­one del Partito democratic­o sulla legge elettorale, con Emanuele Fiano che ha presentato in commission­e Affari costituzio­nali una proposta simile al cosiddetto Provincell­um? Gli alleati, ma anche gli oppositori, hanno un sospetto: che l’ex premier utilizzi la questione per dimostrare a Mattarella che è impossibil­e fare una riforma per andare al voto nel 2017 con quegli aggiustame­nti minimi previsti anche dalla Corte ai sistemi attuali. Renzi ufficialme­nte smentisce questa ipotesi, benché non neghi che in fondo le elezioni converrebb­ero al Partito democratic­o: «Gli unici pronti al voto siamo noi... ma sosteniamo il governo, che è il nostro governo».

Le elezioni L’ex premier smentisce di volere le urne ma ai suoi dice: gli unici pronti siamo noi

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Il salto Matteo Renzi, 42 anni, ieri a Cesena per la campagna elettorale in vista delle primarie per la segreteria dem (il 30 aprile) salta dal palco. «Sei il Messi della politica», gli dice un fan (Italy Photo Press)

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