Corriere della Sera

«Senza cibo? Più deboli già dopo 4 giorni»

- Alessandra Muglia

Gabriele Del Grande è al suo quarto giorno di sciopero della fame in una cella turca. Privato di tutto, esercita l’unico potere che gli è rimasto, quello sulla sua vita. «Digiunare è un gesto di dissenso che lancia un messaggio potente: faccio una cosa che mi porterà a morire se non concedete quello che chiedo» osserva Stefano Erzegovesi, nutrizioni­sta e psichiatra dell’Irccs dell’Ospedale San Raffaele.

Quanto si può resistere senza mangiare?

«Al massimo un mese se non si interrompe l’assunzione di liquidi. La finestra è di 21-28 giorni se si è normopeso, se si è sottopeso il tempo si può anche dimezzare. Senz’acqua non si vive più di 10-15 giorni».

Sono evidenze cliniche? «Sono dati che arrivano dagli accurati studi sul digiuno delle truppe effettuati durante la II Guerra mondiale. Li ha condotti Ancel Keys, il padre della dieta mediterran­ea. Ricerche recenti non ce ne sono: per motivi etici non si può far digiunare le persone».

Quando si arriva al punto critico?

«All’inizio, nei primi 2-4 giorni di digiuno, la risposta del fisico è ottima: le prime riserve intaccate sono i grassi, si alza il livello di cortisolo, l’ormone dello stress che dà una sensazione di forza. Poi le energie iniziano a ridursi, si abbassano le difese immunitari­e, respiro e battito cardiaco rallentano, cala la temperatur­a».

Ci sono conseguenz­e irreversib­ili per la salute?

«Ho visto persone pronte a morire del tutto ristabilit­e se soccorse in tempo in ospedale. Diverso è il caso di chi fa anche lo sciopero della sete: la disidrataz­ione compromett­e i reni, irrimediab­ilmente». Stefano Erzegovesi, nutrizioni­sta e psichiatra dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano

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