«Senza cibo? Più deboli già dopo 4 giorni»
Gabriele Del Grande è al suo quarto giorno di sciopero della fame in una cella turca. Privato di tutto, esercita l’unico potere che gli è rimasto, quello sulla sua vita. «Digiunare è un gesto di dissenso che lancia un messaggio potente: faccio una cosa che mi porterà a morire se non concedete quello che chiedo» osserva Stefano Erzegovesi, nutrizionista e psichiatra dell’Irccs dell’Ospedale San Raffaele.
Quanto si può resistere senza mangiare?
«Al massimo un mese se non si interrompe l’assunzione di liquidi. La finestra è di 21-28 giorni se si è normopeso, se si è sottopeso il tempo si può anche dimezzare. Senz’acqua non si vive più di 10-15 giorni».
Sono evidenze cliniche? «Sono dati che arrivano dagli accurati studi sul digiuno delle truppe effettuati durante la II Guerra mondiale. Li ha condotti Ancel Keys, il padre della dieta mediterranea. Ricerche recenti non ce ne sono: per motivi etici non si può far digiunare le persone».
Quando si arriva al punto critico?
«All’inizio, nei primi 2-4 giorni di digiuno, la risposta del fisico è ottima: le prime riserve intaccate sono i grassi, si alza il livello di cortisolo, l’ormone dello stress che dà una sensazione di forza. Poi le energie iniziano a ridursi, si abbassano le difese immunitarie, respiro e battito cardiaco rallentano, cala la temperatura».
Ci sono conseguenze irreversibili per la salute?
«Ho visto persone pronte a morire del tutto ristabilite se soccorse in tempo in ospedale. Diverso è il caso di chi fa anche lo sciopero della sete: la disidratazione compromette i reni, irrimediabilmente». Stefano Erzegovesi, nutrizionista e psichiatra dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano