La strada federale di Boldrini per costruire l’Europa dei padri che ancora non c’è
Un grande interrogativo divide oggi gli europeisti consapevoli che non si nascondono le difficoltà, e le resistenze, contro le quali il progetto di integrazione si trova costretto a combattere. Bisogna limitarsi a riparare la casa comune per farla sopravvivere alle intemperie, oppure si deve continuare a costruirla, anche con nuovi strumenti, tenendo naturalmente conto di tutto quello che non funziona? Per Laura Boldrini è il momento del rilancio. Nel suo saggio La comunità possibile ammette che, a sessanta anni dalla firma dei Trattati di Roma, «l’Europa sognata dai Padri fondatori non c’è ancora», ma sottolinea che «il processo va completato e bisognerebbe giudicarne l’efficacia solo una volta portatolo a compimento». La storia ci ha insegnato che questo cammino è stato caratterizzato da passi avanti e improvvise interruzioni: ora però si tratta di sapere, avverte, che «il tempo a nostra disposizione è scaduto».
Che cosa dobbiamo aggiungere alla nostra casa? Secondo la presidente della Camera senza un’unica politica commerciale «i singoli Stati competeranno gli uni contro gli altri». Manca inoltre una politica fiscale comune per evitare che la concorrenza vada «a esclusivo vantaggio delle grandi aziende multinazionali». Abbiamo poi bisogno di una «vera politica economica europea», che sappia anche dire quello che è necessario fare «per rilanciare l’occupazione in maniera sostenibile». Non aver dato vita ad una vera politica estera unitaria crea una situazione in cui il mandato dell’Alto Rappresentante viene «minato alle fondamenta dalle iniziative dei singoli Stati». E se non avremo una reale politica comune di asilo «i singoli Paesi continueranno ad accogliere i rifugiati in condizioni dissimili tra loro», mentre invece «è anche a una buona o cattiva gestione dell’immigrazione che è legato il futuro dell’Europa».
Certo, si potrebbe osservare che molti di questi obiettivi non sono fatti per piacere a questo o a quel governo. Pensiamo al rigore tedesco, e agli egoismi dei Paesi dell’Est. Ma vanno sicuramente incontro alle esigenze e ai bisogni dei cittadini e possono sconfiggere quei sentimenti di disaffezione e di estraneità che si sono fatti largo nell’opinione pubblica europea. Verrebbe tolto il terreno sotto i piedi a coloro che, come scrive Laura Boldrini, «parlano alla pancia delle gente fomentandone la rabbia, perché proprio quella rabbia è alla base del loro consenso». «Più Europa», insomma, non è un’utopia sconfitta dalla Storia ma diventa un percorso di riconquista del consenso.
In definitiva, la prospettiva dell’autrice di La comunità possibile continua a essere autenticamente «federale». La sua visione, radicale, dell’ipotesi di un futuro «a due velocita» è legata alla costruzione di una «avanguardia» rappresentata dai Paesi dell’euro, dotata anche di «veri e propri ministri», in grado di perseguire il rilancio «della crescita, dell’occupazione e dell’inclusione sociale». Per fare tutto questo, naturalmente, sono necessari mezzi adeguati che andrebbero trovati grazie «a un bilancio federale finanziato da autentiche risorse proprie e capace di
Si intitola «La comunità possibile. Una nuova rotta per il futuro dell’Europa» (Marsilio, 2017, euro 15) il libro che la presidente della Camera Laura Boldrini ha dedicato al futuro dell’Unione Europea sostenere l’emissione di titoli per promuovere grandi progetti di interesse europeo». La legittimità democratica del nuovo disegno federale andrebbe consolidata — un’ipotesi molto suggestiva — «attribuendo piene competenze legislative, di indirizzo e di controllo, a un Parlamento europeo eletto sulla base di liste transnazionali, identiche per ciascun partito europeo in tutti gli Stati membri».
Sono proposte concrete, in grado di contribuire a una discussione necessaria. Ma questo libro è anche il racconto di un impegno molto appassionato per rendere l’Unione più giusta e solidale. Un cammino di cui ricordiamo tre momenti. La dichiarazione di Roma del settembre 2015 (fortemente voluta da Boldrini e promossa insieme ai presidenti dell’Assemblea nazionale francese, della Camera lussemburghese e del Bundestag tedesco). La visita a Lesbo, dove uno dei tanti giubbotti salvagente dei migranti in fuga dalle guerre, raccolto sulla spiaggia, diventa il simbolo di un’Europa che «deve farlo suo» per non affondare. E l’omaggio a Westminster alla parlamentare laburista Jo Cox, uccisa alla vigilia del referendum sulla Brexit. Perché l’odio non abiterà mai nella casa che deve essere finita di costruire.
@Paolo_Lepri