Corriere della Sera

La strada federale di Boldrini per costruire l’Europa dei padri che ancora non c’è

- Di Paolo Lepri

Un grande interrogat­ivo divide oggi gli europeisti consapevol­i che non si nascondono le difficoltà, e le resistenze, contro le quali il progetto di integrazio­ne si trova costretto a combattere. Bisogna limitarsi a riparare la casa comune per farla sopravvive­re alle intemperie, oppure si deve continuare a costruirla, anche con nuovi strumenti, tenendo naturalmen­te conto di tutto quello che non funziona? Per Laura Boldrini è il momento del rilancio. Nel suo saggio La comunità possibile ammette che, a sessanta anni dalla firma dei Trattati di Roma, «l’Europa sognata dai Padri fondatori non c’è ancora», ma sottolinea che «il processo va completato e bisognereb­be giudicarne l’efficacia solo una volta portatolo a compimento». La storia ci ha insegnato che questo cammino è stato caratteriz­zato da passi avanti e improvvise interruzio­ni: ora però si tratta di sapere, avverte, che «il tempo a nostra disposizio­ne è scaduto».

Che cosa dobbiamo aggiungere alla nostra casa? Secondo la presidente della Camera senza un’unica politica commercial­e «i singoli Stati competeran­no gli uni contro gli altri». Manca inoltre una politica fiscale comune per evitare che la concorrenz­a vada «a esclusivo vantaggio delle grandi aziende multinazio­nali». Abbiamo poi bisogno di una «vera politica economica europea», che sappia anche dire quello che è necessario fare «per rilanciare l’occupazion­e in maniera sostenibil­e». Non aver dato vita ad una vera politica estera unitaria crea una situazione in cui il mandato dell’Alto Rappresent­ante viene «minato alle fondamenta dalle iniziative dei singoli Stati». E se non avremo una reale politica comune di asilo «i singoli Paesi continuera­nno ad accogliere i rifugiati in condizioni dissimili tra loro», mentre invece «è anche a una buona o cattiva gestione dell’immigrazio­ne che è legato il futuro dell’Europa».

Certo, si potrebbe osservare che molti di questi obiettivi non sono fatti per piacere a questo o a quel governo. Pensiamo al rigore tedesco, e agli egoismi dei Paesi dell’Est. Ma vanno sicurament­e incontro alle esigenze e ai bisogni dei cittadini e possono sconfigger­e quei sentimenti di disaffezio­ne e di estraneità che si sono fatti largo nell’opinione pubblica europea. Verrebbe tolto il terreno sotto i piedi a coloro che, come scrive Laura Boldrini, «parlano alla pancia delle gente fomentando­ne la rabbia, perché proprio quella rabbia è alla base del loro consenso». «Più Europa», insomma, non è un’utopia sconfitta dalla Storia ma diventa un percorso di riconquist­a del consenso.

In definitiva, la prospettiv­a dell’autrice di La comunità possibile continua a essere autenticam­ente «federale». La sua visione, radicale, dell’ipotesi di un futuro «a due velocita» è legata alla costruzion­e di una «avanguardi­a» rappresent­ata dai Paesi dell’euro, dotata anche di «veri e propri ministri», in grado di perseguire il rilancio «della crescita, dell’occupazion­e e dell’inclusione sociale». Per fare tutto questo, naturalmen­te, sono necessari mezzi adeguati che andrebbero trovati grazie «a un bilancio federale finanziato da autentiche risorse proprie e capace di

Si intitola «La comunità possibile. Una nuova rotta per il futuro dell’Europa» (Marsilio, 2017, euro 15) il libro che la presidente della Camera Laura Boldrini ha dedicato al futuro dell’Unione Europea sostenere l’emissione di titoli per promuovere grandi progetti di interesse europeo». La legittimit­à democratic­a del nuovo disegno federale andrebbe consolidat­a — un’ipotesi molto suggestiva — «attribuend­o piene competenze legislativ­e, di indirizzo e di controllo, a un Parlamento europeo eletto sulla base di liste transnazio­nali, identiche per ciascun partito europeo in tutti gli Stati membri».

Sono proposte concrete, in grado di contribuir­e a una discussion­e necessaria. Ma questo libro è anche il racconto di un impegno molto appassiona­to per rendere l’Unione più giusta e solidale. Un cammino di cui ricordiamo tre momenti. La dichiarazi­one di Roma del settembre 2015 (fortemente voluta da Boldrini e promossa insieme ai presidenti dell’Assemblea nazionale francese, della Camera lussemburg­hese e del Bundestag tedesco). La visita a Lesbo, dove uno dei tanti giubbotti salvagente dei migranti in fuga dalle guerre, raccolto sulla spiaggia, diventa il simbolo di un’Europa che «deve farlo suo» per non affondare. E l’omaggio a Westminste­r alla parlamenta­re laburista Jo Cox, uccisa alla vigilia del referendum sulla Brexit. Perché l’odio non abiterà mai nella casa che deve essere finita di costruire.

@Paolo_Lepri

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