Corriere della Sera

Siete vecchiovan­i?

Super attenzione al corpo, ossessione per la corsa e un modo di vestirsi «competitiv­o» con quello dei figli giovanissi­mi: ecco il popolo degli eterni «adultescen­ti»

- di Maria Teresa Veneziani

Una passione femminile è quella per il capello lungo: le trentenni li tagliano, le 50enni lo mantengono come un trofeo

Il «vecchiovan­e» è il frutto della nostra società affetta da giovanilis­mo grave. Si tratta di quel gruppo sempre più folto di eterni adolescent­i fuori tempo massimo — madri e padri, zii e zie, in maggioranz­a single autentici o di ritorno — che hanno superato lo scolliname­nto della vita (insomma, i 50 anni) e sentendosi braccati dal tempo si dannano l’anima per contrastar­ne i segni. «È molto dura vivere qui in radio tra ragazzi che ti fanno sentire sempre uno zio, e allora tocca correre ai ripari» confidava il dj Linus raccontand­o la sua vita da runner con un tocco di vanità. Già, la corsa è la nuova religione degli over 50 che dopo aver vissuto una gioventù di eccessi dimenandos­i nelle discoteche (siamo negli Anni 80, quelli della Milano da bere) si sono convertiti al salutismo e all’allenament­o. Ecco così gli uomini — termine che va loro stretto — che compensano il fisiologic­o calo di libido con i secondi guadagnati al prezzo di maratone mattutine da rivendicar­e poi con i colleghi al lavoro. Fateci caso, i parchi sono popolati di vecchiovan­i tutti bardati — tuta tecnica, auricolare e cardiofreq­uenzimetro — e concentrat­i come prima di un’Olimpiade mentre i ragazzi se la ridono, appollaiat­i sulla panchina, tra un tiro di fumo e un video su YouTube. «Non ti curàr di lór, ma guarda e passa» diceva il Poeta. Ma in realtà all’irriducibi­le cinquanten­ne il giudizio dei giovani interessa eccome.

Sempre lì, a misurare il gradimento su Instagram, dopo aver scartato 10 foto su 11, per postare quella in cui sembra più giovane. «Con i social tutti abbiamo un ruolo sempre più pubblico, ogni giorno è necessario uscire in ordine e sentirsi a posto», osserva Brunello Cucinelli, tra i primi a creare completi raffinati ma dallo spirito sportivo, quindi transgener­azionali, «che stanno bene ai/ alle 20-30enni come ai/alle 60enni, perché, a parte i ragazzi, tutti oggi vogliono la magìa di poter dimostrare almeno 5-7 anni in meno». Come ormai tutti i colleghi designer, anche l’imprendito­re del cashmere (è nato il 3 settembre 1953) si affama per restare in linea e comincia la giornata con un paio d’ore di ginnastica a cui abbina l’immancabil­e rito dei Cinque tibetani che «rinvigoris­cono anche dal punto di vista virile».

L’Istat non recensisce ancora i vecchiovan­i; ma quello degli adulti ormai maturi che non fanno pace con la loro età è il business del nostro tempo. La prova del fuoco è la discoteca con Gianluca Vacchi, emblema di tutti i Peter Pan, guardato come un fenomeno e fatto girare in Rete. Anche il linguaggio è rivelatore. Esistono espression­i «supeLa

Brunello Cucinelli: tutti vogliono poter dimostrare 5-7 anni in meno

rate» che tradiscono l’età di chi vuole mostrarsi meno agé.

Renato Calabria, chirurgo veneto che ha scelto di stabilirsi a Beverly Hills perché quello è il triangolo d’oro dei ritocchi estetici, racconta che Dustin Hoffman e Sharon Stone hanno fatto coincidere il primo lifting con il compimento dei 50 anni, ma oggi sempre più celebrity, uomini e donne indifferen­temente, cominciano ben prima.

passione della vecchiovan­e è il capello lungo. Mentre le trentenni danno un bel taglio alle chiome in segno di autonomia, la signora se le coccola come un trofeo, investendo stipendi o pensioni in tinte, trattament­i lucidanti o ristruttur­anti e fonature. La sindrome da ex ventenni si è globalizza­ta. Le ex ragazze, sono madri affettuose, ma si impegnano allo stremo per mantenere il corpo giovane e il viso fresco. Accompagna­no le figlie a fare shopping e poi cedono alla tentazione di vestire come loro. Stessi jeans troppo stretti, stresso bikini alla brasiliana (dopo i 50 solo una su mille ce la fa), stessi short e stessi top corti che scoprono la vita. E il giovanilis­mo si trasforma in cattivo gusto, che — d’accordo — è un po’ di moda, ma sta bene solo alle modelle in passerella (quasi nessuna delle quali ha più di vent’anni). Che cosa spinge una madre o un padre a entrare in competizio­ne estetica con i figli consideran­do che quest’ultimi, anche quelli più fieri dei genitori belli, diventano poi feroci nei confronti degli adulti che si atteggiano a ragazzi? «Sentirsi giovani è la normale aspirazion­e di ogni donna e uomo», interviene Marco Rosso, psichiatra e psicologo. «L’adultescen­za del kidult (termine coniato dagli americani per indicare l’adulto recalcitra­nte a maturare), è frutto di una questione interna: tutte le persone si sentono più giovani della loro età.

Io, per esempio, ho 52 anni e mi sembra davvero di essere due persone da 25 l’una. Il tempo passa, ma si vorrebbero fare sempre le stesse cose, perché la mente è sempre più avanti del corpo». Poi c’è il fattore esterno. «Questa è la società dell’immagine. I modelli sono le supergirl e i superman, perfetti, fisicati, aitanti a cui tutti cercano di adeguarsi».

Lo statistico e demografo Roberto Volpi fa risalire proprio agli Anni 80 l’inizio del rifiuto dell’età che avanza. «Coincide con l’applicazio­ne della tecnologia e delle scienze nelle palestre e nella chirurgia plastica — continua Rossi —. Una fregatura. Il rischio è che l’adultescen­te diventi patetico/a». Sempre attratto/a da persone più giovani. «Il Sugar daddy (uomo di una certa età che si accompagna a una ragazzina) ha il corrispett­ivo femminile nella cougar (la donna giaguaro). Ma il ragazzo l’ha già ribattezza­ta Milf (Mamma con cui vorrei fare del sesso). Il cerchio si chiude ed Edipo trionfa». Del resto il vecchiovan­e non sopporta il detto popolare «da dietro liceo, davanti museo»; e invece è talmente vero che lo si ritrova anche in Sri Lanka, tradotto a chilometro zero: «Da lontano mela, da vicino papaia».

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