Corriere della Sera

Dolce & Gabbana d’Oriente

Il rosa ciliegio in fiore in tutte le sfumature. E l’obi diventa di metallo

- Paola Pollo

anno strappato loro anche un lungo applauso. Di fronte al un omaggio così rispettoso della loro cultura ed educazione e storia anche i formalissi­mi giapponesi hanno capitolato. “I” Dolce e Gabbana in quel di Tokyo hanno cominciato a raccontare la loro storia fatta di passione mediterran­ea a tinte ciliegio in fiore senza sbagliare senza un passaggio. La conquista di un mercato non è impresa facile, specie di questi tempi. Ma il nuovo corso dei due ha gli strumenti giusti per riuscirci. Non è così scontato il lavoro che stanno facendo. Apparentem­ente forse. In realtà nasce dalla consapevol­ezza di un ritorno a quelle che erano le origini di una certa moda e dell’alta moda in particolar­e. Quella dell’unicità e del sogno. Oltreché naturalmen­te la qualità. Con un (epocale) cambiament­o di rendere itinerante la sacralità dell’atelier e di poterlo portare ovunque con tutti i suoi riti che siano l’esclusivit­à, il fatto a mano o la riservatez­za.

La scommessa questa volta è stata poi ancor più azzardata: traslare tutto in una società che ha fatto di regole e ritualità la sua forza (difficile dunque “competere”) e sulla quale l’haute couture non aveva ancora puntato alcun spillo e forse non a caso. In più con una visione della femminilit­à e della mascolinit­à molto diversa da quella occidental­e e ancor di più dall’esuberanza delle donne e degli uomini very Dolce e Gabbana. In fatto di forme, metaforica­mente e non. «Gli abiti sono arrivati qui - raccontava­no gli stilisti cuciti a mano ad uno ad uno sui nostri manichini. Non avevamo pronto un piano B, ma certo è che le donne giapponesi hanno altri corpi, sono più sottili e piccole, e in poco tempo qui abbiamo compiuto il miracolo di adattarli alle loro forme. Ma questo è stato quasi il lavoro più facile. Ecco forse alla fine di questo nostro progetto itinerante potremo dire di sapere tutto sulle forme delle donne, ma veramente. La loro sensualità? Diversa, anche quella». Apparenza e sostanza: «Poi ci siamo accorti che è una società che non gradisce che uomini e donne si mescolini. Banalmente lo abbiamo capito scattando le foto ricordo nei nostri uffici. Automatica­mente prima hanno posato con noi le ragazze, e poi i ragazzi. Così ci siamo detti: “rispettiam­o le loro regole”, ed è nata la sfilata divisa, prima l’alta sartoria e poi l’alta moda. Ben attenti che nessuno sfiori l’altro. Rispetto, ecco come pensiamo sia giusto entrare ovunque. Sono finiti i tempi delle imposizion­i. Ci piace pensare a sorta di diplomazia culturale. E per chiudere il cerchio abbiamo voluto che a sfilare fossero solo ragazzi e ragazze giapponesi».

E il lavoro di lettura della loro moda a caratteri kanji è veramente un bel racconto creato in sei mesi negli atelier milanesi: domina il colore rosa che è quello dei ciliegi in fiore, ma anche delle adolescenz­a spensierat­a, in tutte le sfumature possibili, per abiti da cocktail o da sera e completi. E cascate di petali ovunque sul tulle candido. I ricami “anarchici” (quelli che sovrappong­ono più tecnici) che sono diventati una firma dei Dolce e Gabbana: pizzi, macramè e punti animano i corpetti stretti ora da cinte che sono nastri da pacco ora da obi di metallo. Gli uomini forti e dolci tanto quanto. Sia negli smoking più preziosi sia nelle vestaglie più suntuose sia nei suits più sartoriali. H

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