La mia «tattica»
Non lo so, forse era una scusa. Avevo paura? Non mi sentivo all’altezza di avvicinare i miei coetanei? Perché avrebbero dovuto provare interesse per una ragazza come me, che cammina e parla «male» quando ci sono giovani donne bellissime?
Ho capito però che non volevo rinunciare all’amore: in fondo, già allora, mi consideravo una persona normale e avevo chiaro quanto fosse forte in me il desiderio di provare ad avere tutto, di prendermi tutto dalla vita. Se mi piaceva un ragazzo, cercavo di avviare lentamente un rapporto di amicizia, durante il quale — mi dicevo — avrebbe imparato a conoscermi per quello che ero, andando oltre il mio aspetto fisico. Puntavo sull’intelligenza, sull’umorismo, in generale sulla simpatia. La speranza era che tutto ciò si potesse trasformare in qualcosa di più. Era «la mia tattica», quella dell’oltre. Mi ha fatto vivere giornate anche molto belle, al termine delle quali ero soddisfatta di me. Nello stesso tempo, mi ha fatto precipitare giù da qualche burrone. In particolare mi ricordo una volta. Era la vigilia della mia partenza per Mosca, ci sarei rimasta due mesi per sottopormi a un metodo riabilitativo molto duro. Potete immaginare il mio stato d’animo. L’amico di quella fase era ammalato, così mi aveva invitato a casa sua per un saluto. Avevo conosciuto sua madre, una donna molto austera, gelosissima del figlio che chiaramente non voleva «dare in pasto» a una disabile. Ce l’aveva fatto capire in altre occasioni, ma quel giorno si era ripromessa di liberarsi di me, di noi insieme. Incurante dell’ansia che già mi consumava per la partenza russa, mi ha detto — fredda e falsa — che suo figlio mi frequentava solo perché avevo un bel giro di amiche carine e benestanti. Ho chiuso quella porta alle mie spalle e non sapevo più neppure dove fossi; al taxista non riuscivo quasi a pronunciare il mio indirizzo. Mi sono messa a piangere, a lungo, come una bambina. Come sta cambiando il nostro modo di amare? Nel febbraio del 2015 il Corriere della Sera ha chiesto ai lettori di raccontare le loro storie d’amore ora che i social e i siti di dating sono diventati, per tanti di noi, i luoghi in cui sperimentare nuove conoscenze; ora che anche a 50, 60 o 70 anni sentiamo il diritto di avere un’altra occasione sentimentale, se quelle precedenti sono fallite; ora che le tecniche di procreazione assistita aprono scenari nuovi e le pari opportunità fra i sessi impongono a tutti di riscrivere le regole. Da oltre due anni i lettori rispondono, componendo quell’affresco a cui abbiamo dato il nome di Amori Moderni: una rubrica che, settimanalmente, propone una fra le storie arrivate alla mail amorimoderni@corriere.it. Tutti i racconti pubblicati si trovano online ne La 27esima Ora di Corriere.it (http://27esimaora.corriere.it). Ma Amori Moderni è anche un ebook, «Imparare ad amare, 19 racconti per essere più felici», acquistabile a 2,99 euro sulle piattaforme online. È strano e rischioso fare incontri in chat, ho avuto due esperienze negative ma questo non significa che le piattaforme non siano utili
Non penso che questo dipenda dalla mia disabilità. Sono forte e sono fragile, come moltissime donne normodotate.
Un’ultima cosa. Qualche tempo fa ho letto — era un articolo sul New York Times — le testimonianze di ragazze disabili che, per superare la nostra paura comune di avvicinare il mondo maschile, sono ricorse alle chat. Io sono a questo tipo di incontri: non sai mai chi hai dall’altra parte, è strano e rischioso. Confesso di dirlo perché per due volte sono finita in trappola e ne sono uscita con un’esperienza negativa. Questo non vuol dire che le piattaforme social non siano utili, a noi come agli altri. Al contrario. Da oltre un anno io ho un’amicizia molto bella in chat con una persona. Solo che la conoscevo già prima. A causa delle distanze e della fatica di ogni spostamento, non avremmo potuto veder crescere la nostra relazione senza questo spazio virtuale-reale dove ci incontriamo leggeri. Dove io oggi sto bene e mi diverto.
La madre di un amico cercò di liberarsi di me dicendo che mi frequentava solo perché conoscevo ragazze benestanti e carine