Corriere della Sera

Mps, ora rischiano Profumo e Viola Milano, il gip respinge l’archiviazi­one chiesta dai pm. L’ex presidente: certo della mia correttezz­a

- Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

«Dalla perseverat­a e consapevol­e contabiliz­zazione a saldi aperti» dei derivati Santorini e Alexandria «si è indubbiame­nte determinat­a una enorme asimmetria informativ­a nei bilanci 2012-2015» del Monte dei Paschi di Siena: «non una semplice mancanza di dettaglio, come sostenuto dall’Ufficio del pm», ma una «ambigua e contraddit­toria esposizion­e della situazione economica», una «effettiva capacità ingannator­ia delle comunicazi­oni sociali emesse dalla gestione Profumo-Viola successiva­mente alla gestione Mussari-Vigni». Così il giudice per le indagini preliminar­i Livio Cristofano ieri ha respinto l’archiviazi­one chiesta il 5 ottobre 2016 dalla Procura di Milano di Francesco Greco, e ha ordinato ai pm Baggio-CivardiCle­rici di formulare, per le ipotesi di reato di aggiotaggi­o informativ­o e falso in bilancio, la richiesta di rinvio a giudizio dell’ex presidente Mps Alessandro Profumo (neodesigna­to dal governo quale amministra­tore delegato di Leonardoex Finmeccani­ca), dell’ex amministra­tore delegato Fabrizio Viola (ora amministra­tore delegato della Banca Popolare di Vicenza), e dell’ex presidente del collegio sindacale Paolo Salvadori. Il gip ha invece accolto l’archiviazi­one del consulente legale esterno di Mps, Michele Crisostomo, e del responsabi­le dell’area legale Raffaele Rizzi.

Dopo il caso Expo (che a cascata ha poi determinat­o l’indagine sul sindaco di Milano Sala), è la seconda volta in pochi mesi che l’Ufficio Gip respinge un’archiviazi­one chiesta dalla Procura. Ora i pm avranno 10 giorni per l’imputazion­e coatta, che potrà poi essere accolta o bocciata da un altro La Procura ora obbligata a chiedere il processo per falso in bilancio e aggiotaggi­o giudice dell’udienza preliminar­e, distinta dal processo ordinario già in corso a Milano contro la precedente gestione 2008-2012 di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni. Ma anche in caso di accoglimen­to, il rinvio a giudizio non produrrebb­e effetti automatici su Profumo e Viola. Nel caso di Profumo, che ribadisce «certezza della correttezz­a del mio operato e come sempre piena fiducia nella giustizia», la ragione è che il 16 marzo (due giorni prima della sua nomina a Leonardo e della conferma all’Eni di Claudio Descalzi, che ha una richiesta di rinvio a giudizio per l’ipotesi di corruzione internazio­nale in Nigeria) il ministero del Tesoro ha modificato la direttiva Saccomanni del giugno 2013 sui requisiti di onorabilit­à, come accennato il 5 aprile dal ministro Padoan in una audizione parlamenta­re. Nel caso di Viola, i differenti requisiti di onorabilit­à in campo bancario porrebbero un problema solo dopo una condanna di primo grado se l’assemblea della banca non riconferma­sse la fiducia. Decisivo, nel no all’archiviazi­one alla quale si erano opposti Giuseppe Bivona (di Bluebell Partners) e il Codacons, è stato il supplement­o di relazione tecnica chiesto ai consulenti Roberto Tasca (assessore al Bilancio del Comune di Milano) e Francesco Corielli dalla Procura Generale di Milano ai fini di un eventuale (e ora assai probabile) esercizio del potere di contestare alla persona giuridica Mps l’illecito amministra­tivo non contestato dalla Procura Ex Mps Da sinistra Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, ex presidente e ad del Monte della Repubblica.

I pm valorizzav­ano, come «discontinu­ità» di ProfumoVio­la con la gestione MussariVig­ni, il fatto che nei loro bilanci «la diversa e reale natura dei derivati venisse “prospettat­a” in apposite note pro-forma». Il gip, invece, osserva che nel contempo Profumo e Viola scelsero di «continuare a contabiliz­zare l’operazione a saldi aperti, e a ostinatame­nte dichiararn­e (nelle assemblee del 28 dicembre 2013 e 29 aprile 2014) la natura di investimen­ti in titoli di Stato». Ma per il gip — per il quale la sentenza Passarelli delle Sezioni Unite di Cassazione «non è conferente al caso di specie» — questo fu «uno schema informativ­o» che, «ostentando due opposte rappresent­azioni contabili che si annullavan­o a vicenda», si risolse in «una “non-informazio­ne”, intrinseca­mente ambigua e contraddit­oriamente disarmante».

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