La sfida dei quotidiani «Senza la cultura non esiste informazione»
Innovare nella tradizione. Tenere alta la qualità ma aprendosi a sperimentazioni e linguaggi nuovi, per rispondere alle esigenze di un mondo che accelera. E di lettori sempre più preparati e pronti a partecipare, immersi nel flusso di internet e della conversazione social. Condividono questo scenario e questi obiettivi i supplementi culturali dei principali quotidiani italiani, i cui direttori si sono confrontati ieri a Tempo di Libri. Tutti d’accordo sul fatto che, proprio in questa fase storica, ci sia più che mai bisogno del dibattito delle idee e degli inserti che lo promuovono.
Si confrontano Luciano Fontana, direttore del «Corriere della Sera», Mario Calabresi de «la Repubblica», Maurizio Molinari de «La Stampa» e Guido Gentili de «Il Sole 24 Ore», che portano in fiera le esperienze, rispettivamente, de «la Lettura», di «Robinson», di «Tuttolibri» e della «Domenica».
«Non può esistere un giornale senza informazione culturale», esordisce Fontana, ricordando le tappe fondamentali de «la Lettura». La nascita nel 1901, con l’allora direttore Luigi Albertini, «come spazio per l’informazione culturale che desse però anche conto del complesso della vita». Il supplemento uscì fino al secondo dopoguerra, poi si interruppe. Nel 2011, la decisione di rilanciarla e, nel 2015, quella di raddoppiare il numero delle pagine (ora sono sempre almeno 48), di portarla in edicola per tutta la settimana e di dare al suo valore un prezzo, anche se modico, chiedendo di pagarla 50 centesimi. «La nostra parola chiave è contaminazione — dice il direttore del “Corriere” — ovvero coniugare e far reagire tantissimi linguaggi, inclusi la graphic novel e il data journalism. Il risultato è eccezionale e questo significa che esiste un’esigenza dei lettori, ci sono una passione e un bisogno del Paese che sono stati intercettati».
È d’accordo che questa necessità ci sia Mario Calabresi, secondo il quale «l’inserto culturale non è un vezzo ma una risposta di dialogo con il lettore, che negli anni è cambiato». «Oggi — spiega — la cultura è vissuta più come esperienza che come conoscenza: i lettori sono esigenti, preparati, hanno tante possibilità di incontrare loro stessi gli scrittori. Per questo chiedono quadri di riferimento e orientamenti, non una lezione frontale. Hanno bisogno di essere sfidati, non tranquillizzati».
«Proprio questa voglia di partecipazione, unita con l’esigenza di un’informazione di qualità, fa capire anche il successo degli eventi culturali», nota Maurizio Molinari. La stessa Tempo di Libri, ricorda sul palco Chiara Valerio, curatrice del programma generale, ha visto una proficua collaborazione con gli inserti. Molinari ripercorre poi la tradizione di «Tuttolibri», la nascita nel Il dibattito delle idee consente di rispondere alle nuove esigenze del mondo che cambia
1975 con Arrigo Levi e la «costante trasformazione». «Un inserto culturale — osserva — ha a che vedere con l’idea di comunità. Il giornale stesso è una comunità intellettuale che si rinnova e si ritrova attraverso i suoi contenuti. Se prima avveniva solo sulla carta, oggi si declina su più piattaforme. È una sfida emozionante, che ci spinge a immaginare nuovi prodotti». Ad esempio «Origami», di cui Molinari sottolinea il successo tra i giovani.
Parla di «sfida che si rinnova ogni settimana» anche Guido Gentili. A partire da quella del 1983, quando, sotto la direzione di Gianni Locatelli, fu lanciata la «Domenica» del «Sole 24 Ore». «Un quotidiano economico e finanziario decideva di giocare un’altra partita. Fu un’intuizione felice, che poi si è arricchita nel tempo», dice Gentili. Durante il dibattito nota anche che oggi «ci muoviamo in un contesto complicato, in un Paese in cui si legge poco». Proprio per questo, per allargare la base dei lettori, «mentre si è bombardati non più solo dalla tv ma anche dai social, è importante più che mai selezionare e spiegare».
Tutti i direttori constatano, infine, il calo delle copie cartacee, tuttavia riconoscono che i lettori rimasti sono più che mai forti e motivati. Il che è fonte di speranza. Soprattutto se si aggiunge che, come nota Luciano Fontana, «considerando tutte le piattaforme, non abbiamo mai avuto così tanti lettori».