Jonathan: qui in Italia per seguire mia moglie
Jonathan Vinet è nato a Lasalle, in Canada, nel 1975. È arrivato in Italia nel 2011 per amore: la moglie, biologa, era un «cervello in fuga» e adesso (grazie alle agevolazioni per il rientro) è professore associato a Modena. Lui l’ha seguita e, da una borsa di studio all’altra, è sempre riuscito a continuare le ricerche nel campo della sua specializzazione, la neurobiologia. Grazie alla borsa della Fondazione Umberto Veronesi si occuperà per l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia di trovare nuove strade per curare le forme di epilessia resistenti alle terapie.
«Studio le cellule immunitarie del cervello, le microglia — spiega Vinet —: il mio compito è quello di testare una molecola capace di bloccare un enzima che queste cellule producono (la Metalloproteinasi 12) implicato nella distruzione della barriera ematoencefalica durante le prime crisi epilettiche. Riuscire a fermare l’attività di questo enzima potrebbe significare proteggere i neuroni (che durante le crisi epilettiche muoiono), ma soprattutto impedire che le crisi stesse diventino croniche». La molecola che studia Vinet troverebbe eventuale impiego nei bambini che hanno ripetute crisi convulsive durante gli episodi febbrili, impedendo che sviluppino l’epilessia del lobo temporale.
L’obiettivo è proseguire gli studi in Italia? «Amo il vostro Paese e il suo clima e adesso ho trovato il mio equilibrio — risponde Vinet —, anche se non è stato sempre facile. È un ambiente difficilissimo per la ricerca data la scarsità di fondi a disposizione. Il pregio è che gli italiani lavorano sodo: sono abituati a rimboccarsi le maniche», commenta e conclude: «Adesso ho questa borsa di studio e sono riuscito a stare con mia moglie e i nostri due bambini. Dopo, si vedrà».
Avete pochi fondi, che fatica fare ricerca. Ma il pregio è che lavorate sodo All’estero i professori sono più disposti ad ascoltarti, c’è molta condivisione