Corriere della Sera

«Dissi no a Penn, era aggressivo»

L’attrice: mi sono ammalata ma ho ripreso per mano la vita

- Di Candida Morvillo

Isabella Ferrari: «Mi sono ammalata e sono guarita. In passato ho detto no a Sean Penn perché era aggressivo. La politica? Non mi riconosco più».

Isabella Ferrari, il suo ultimo film è del 2015. Dove se n’è stata in questi due anni? «Mi sono ammalata e sono guarita. Punto. E, la prego: lo dico con il punto».

Sbaglio o lo dice anche con una nota di allegria?

«Sono stata obbligata a scendere dai tacchi, a prendere in mano la mia vita da un’altra parte, a riscoprire il piacere di ogni istante della giornata. Vivo trafelata come sempre, oggi sono stata al mercato, a scuola di mio figlio, ho potato un fiore, sistemato un cassetto, studiato un monologo a memoria. E quando mi dicono “fermati, sei stata male, devi goderti di più la vita”, penso che io così la vita me la godo lo stesso».

Isabella Ferrari, 53 anni, ha la forza antica di donne nate nella terra. Origini nella campagna piacentina, «una casa nel nulla, senza riscaldame­nto, con troppa neve non s’andava a scuola», padre commercian­te di bestiame, madre casalinga che la porta per provini. A 15 anni, vince Miss Teenager, poi lascia la scuola, Gianni Boncompagn­i la prende per un programmin­o tv, Carlo Vanzina per «Sapore di mare». Lei diventa strafamosa, scappa. Sceglie il cinema francese sofisticat­o di Manuel Flèche, Eric Woreth, Alexandre Arcady. Poi, «Saturno contro» e «Un giorno perfetto» di Ferzan Özpetek, «Caos Calmo» di Antonello Grimaldi, «La Grande Bellezza» da Oscar di Paolo Sorrentino ne fanno un’icona di sensualità. Nel frattempo, diventa una donna con una sua voce. Si fa sentire con i Girotondi e in difesa della Legge 194 sull’aborto. Va, con Save The Children, in Siria fra i profughi o a Kathmandu fra gli orfani. In mezzo, riesce a metterci tre figli, due dall’attuale marito, il regista Renato De Maria, la maggiore da una prima relazione. E condensa in una vita l’arco intero dell’evoluzione di un Paese, da contadino a contempora­neo. È da qui che l’intervista riparte, per eludere quel «punto», che però tornerà.

Come si passa da una famiglia patriarcal­e a una allargata?

«Avevo un padre severo, ma il binario era indicato da mia madre. La forza della famiglia era lei e io mi riconosco in quel ruolo. Le donne che ho visto da bambina a Gropparell­o lavoravano tanto, ma tanto. In casa e nei campi. Io ho quello stesso senso del dovere, della funzione sociale di tenere insieme tutto».

Che altro le resta della sua infanzia?

«Ricordi di giochi coi fratelli: rotolarsi nel fieno, lavare i panni al fiume, tirare i sassi fra i prati. Sono immagini, soluzioni di vita, che ti crescono dentro. I contadini hanno una loro eleganza nello stare al mondo. Mio padre era concreto, terreno, molto onesto. Un’onestà che sono fiera sia anche mia. Anche se, senza, avrei fatto più soldi».

Quando avrebbe potuto fare più soldi?

«È una storia che si è ripetuta e si ripeterà. Ho iniziato con un film leggero e mi offrivano solo film leggeri. Sono andata in Francia, ho fatto altro. Sono tornata a Roma perché era nata la mia primogenit­a e sentivo che dovevo darle una casa. Ho sempre pensato prima all’equilibrio dei figli. Ho fatto “Distretto di Polizia”, potevo girare tutte le dieci serie, ma dopo due, invece di andare all’incasso, mi sono fermata. Non volevo restare incastrata in un personaggi­o. Ormai, la gente per strada mi chiamava commissari­o».

Altro stacco. Non di assegni.

«Ho detto dei no. Sono arrivati film come “Amatemi” o “Caos Calmo”: tutta una sensualità venuta fuori dopo i 40 anni. Poi, hai cinquant’anni, ti riconosci? No. Tac. Succede che ti ammali. Allora, “punto”, scendi dai tacchi e ricominci».

Stavolta da dove ricomincia?

«Essere considerat­e desiderabi­li è bello, ma oggi sono pronta per ruoli di madre di adolescent­i. Sono cambi obbligator­i. Vedo progetti che arrivano. Sto per ricomincia­re, perché sono tornata in vita».

Lo dice con un senso di gioia.

«Quando stai male, ti fermi, cadi, ti nutri, diventi altro».

Quanto la preoccupan­o le rughe?

«Oggi zero. Non mi guardo allo specchio».

Ettore Scola diceva che era troppo bella per il cinema dei tempi, ma che sarebbe stata perfetta per i film di Luchino Visconti.

«Da ragazza, spesso i registi mi dicevano “sei troppo bella per questa parte”, ma ora sono meno ingenua e so che forse intendevan­o che non ero abbastanza brava. La felicità di invecchiar­e è anche che ti si smontano certi meccanismi di autodifesa».

Sean Penn le disse che vedeva la luna nei suoi occhi. Dov’eravate, come successe?

«Sulla terrazza di una mia ex casa, con tanti amici, secoli fa. Mi corteggiò, ma gli sfuggii. Lo sentivo aggressivo, violento. E non ho mai subita

L’impegno politico Non mi riconosco nel sostenere un politico o un altro. Il teatro con Travaglio? Si perde nella zuffa. Alla povera gente che cerca la luce è meglio dare Cechov

La bellezza Ho usato la bellezza, non ci vedo nulla di male. Poi ho cercato altro. Non ho mai nascosto di avere avuto un amore con Boncompagn­i, mi rispettava come donna

to il fascino del regista o del produttore. Quando qualcuno ha provato a mettermi le mani addosso, sono sempre scappata».

Certe sue scene hanno fatto scandalo. Come il primo piano intimo in «E la chiamano estate» e la sodomia in «Caos Calmo», che inquietò i vescovi. Perché il sesso fatto dalle donne spaventa?

«Forse perché qui c’è il Vaticano? A Cannes, per “Nymphomani­ac” con Charlotte Gainsbourg, non ricordo tanto rumore».

Lei ha fatto scalpore anche dichiarand­o che tiene un piede fuori dal matrimonio.

«Quello era un titolo accattivan­te, ma ogni racconto ha bisogno di essere letto nel modo di chi parla. Non credo alla coppia libera in quel senso, non parlavo d’infedeltà. La mia libertà nel matrimonio è dire: non mi obblighi a vestirmi o cucinare in un certo modo, ad accogliere i tuoi familiari in un certo modo».

Con Renato De Maria state insieme da quasi vent’anni.

«In maniera miracolosa eravamo amici prima e lo siamo ancora. Ci siamo creati nostri spazi nella famiglia, andiamo in vespa a vedere i film in lingua originale. È bello invecchiar­e rimanendo giovani. Ed è bello anche sapersi annoiare da soli, altrimenti la famiglia e il lavoro assorbono tutto».

Ha trovato spazio anche per la politica.

«Con i Girotondi, eravamo tutti indignati. Dopo la chiamata di Nanni Moretti, fui la prima in piazza, mi sembrava tutto così forte e onesto. Oggi non mi riconosco più nel sostenere un politico o un altro, non andrei più da nessuna parte. Abbiamo avuto troppi anni di talk dove litigano, si menano e la bagarre è il pretesto per non costruire. Non approvo più neanche i giornalist­i che vivono su quello senza davvero pensare al bene delle persone».

Pensa a Marco Travaglio col quale ha portato nei teatri «È Stato la mafia»?

«Non faccio nomi. Ho capito che quel tipo di teatro non serve, perché si perde nella zuffa generale. A teatro, alla povera gente che cerca la luce è meglio dare Cechov, farli sognare».

Nella stagione del Se non ora quando, lei insorse contro la mercificaz­ione del corpo delle donne, nonostante gli inizi da miss.

«A Gropparell­o sfogliavo i rotocalchi e volevo essere Grace Kelly, avere successo. Non sapevo come, non sapevo niente. Ho scoperto il cinema italiano in Francia vedendo per la prima vol- i film di Pasolini e Rossellini. Ho usato la bellezza, non ci trovo del male. Poi ho cercato altro. Mi pesava sentirmi ignorante. Mi sono chiusa in casa, leggevo tutto il giorno Dostoevski­j, Tolstoj. Se ci ripenso, mi faccio tenerezza».

A margine dei funerali di Boncompagn­i, la giornalist­a Barbara Carfagna l’ha accusata, su Facebook, di «essere stata piazzata in Rai» da lui, di cui era «l’amata».

«Non ho mai nascosto di aver avuto un amore con Gianni. Ci siamo conosciuti a “Sotto le stelle”, di cui era regista. Avrò avuto 16 o 17 anni e, nonostante la differenza d’età, lui mi rispettava come donna. Dopo, ho fatto l’attrice, mai spettacoli in Rai. La mia carriera parla da sola».

A vent’anni, andò a cercare l’America.

«A Los Angeles, con la mia amica Valeria Golino. Lei era già famosa, io ero una ragazzina in crisi da troppo successo per “Sapore di mare”. Per reazione, mi erano venuti un sacco di brufoli. Lì capii che non potevo avere una carriera americana. A un provino con Kevin Costner, ero paralizzat­a dalla paura. L’anima sperduta da campagnola era più forte di me».

Però in Francia ebbe successo.

«Il francese riuscii a impararlo subito: ricorda la cadenza piacentina. Al Pacino mi vide in un film francese e mi voleva per “L’avvocato del diavolo”, con Keanu Reeves, ma non superai la prova dell’inglese».

Lei è una di quegli italiani che vede già i figli fatalmente all’estero?

«Spero studino qui. Hanno fatto le elementari alla scuola inglese, ma sono felice di aver scelto per loro medie e un liceo classico pubblici e difficilis­simi».

Ha due femmine e un maschio, come li educa ai rapporti fra uomo e donna?

«Con l’esempio, la concretezz­a della vita mia e di mio marito e della libertà che ci riconoscia­mo reciprocam­ente. La donna ha fatto di tutto per essere libera, e anche bella, ma spesso il maschio non ha voluto riconoscer­le la libertà di esistere. Mi sconvolge l’uomo che arriva a sfigurare con l’acido per offendere e ferire la bellezza che ha amato. Quando ero piccola, in campagna, queste cose non succedevan­o. Posso farle io una domanda?».

Prego.

«Lei ha sentito quanto è forte il mio sguardo in avanti? Perché, ora, del passato, preferisco sentire solo il profumo».

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 ?? (foto di Giovanni Gastel) ?? Il volto Un primo piano di Isabella Ferrari. L’attrice ha trascorso la sua infanzia tra il borgo di famiglia e Gropparell­o, nelle campagne piacentine. Ha vinto la «Coppa Volpi» per la miglior attrice non protagonis­ta alla Mostra internazio­nale d’arte cinematogr­afica di Venezia per Romanzo di un giovane povero e il «Premio Pasinetti» per Un giorno perfetto
(foto di Giovanni Gastel) Il volto Un primo piano di Isabella Ferrari. L’attrice ha trascorso la sua infanzia tra il borgo di famiglia e Gropparell­o, nelle campagne piacentine. Ha vinto la «Coppa Volpi» per la miglior attrice non protagonis­ta alla Mostra internazio­nale d’arte cinematogr­afica di Venezia per Romanzo di un giovane povero e il «Premio Pasinetti» per Un giorno perfetto
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Locandina Isabella Ferrari e Massimo Ciavarro nel film «Sapore di mare 2»

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