Corriere della Sera

«Chi è eletto non deve più rientrare» Toghe in politica, linea dura dell’Anm

«Assurdo mandarli in Cassazione, sarebbe un premio». Il nodo del posto da conservare

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Il neopreside­nte dell’Anm Eugenio Albamonte l’aveva promesso già dopo il suo insediamen­to, all’inizio di aprile: il sindacato dei magistrati avrebbe messo sotto i riflettori il ddl su toghe e politica, atteso dalla terza lettura in Senato. E giusto ieri, in sede di Comitato direttivo centrale, si è svolto il primo dibattito tra le diverse anime dell’Anm (il 3 maggio ci sarà l’incontro col ministro Orlando), specie sul nodo più problemati­co della legge, quello del rientro in servizio delle toghe scese in politica. In sintesi, la posizione maggiorita­ria espressa è quella di non limitare il diritto del magistrato ad essere eletto, ma al termine dell’esperienza politica non si potranno svolgere più funzioni giurisdizi­onali.

Tutta l’Anm, in particolar­e, si schiera compatta contro la possibilit­à che gli ex parlamenta­ri magistrati possano chiedere di essere trasferiti in Cassazione, come previsto dal testo del ddl licenziato alla Camera a fine marzo. E il motivo lo spiega lo stesso Albamonte: «Sembrerebb­e un premio alla carriera».

Di certo, anche se con toni meno tranchant del suo predecesso­re Piercamill­o Davigo («Sono dell’opinione che i magistrati non debbano fare politica mai»), Albamonte ieri è sembrato altrettant­o incisivo: ha ammonito affinché «non si creino delle carriere politiche strumental­izzando l’attività di magistrato». Ma non solo: «Secondo me l’eventuale dubbio di terzietà non dovrebbe essere sul magistrato che ha fatto vita politica in Parlamento, quanto sul magistrato che ha gestito denaro, modifiche di piani regolatori, gare d’appalto, che è entrato in contatto con finanziame­nti. E questo riguarda non solo il magistrato che concorre e viene eletto per fare il sindaco, ma il magistra-

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