Corriere della Sera

Emiliano e «il senso di colpa» su Craxi

- Di Massimo Rebotti Fabrizio Caccia

Bettino Craxi e la sinistra. Una questione antica, irrisolta, che ancora smuove opinioni (e passioni) contrastan­ti. Ieri l’ha affrontata, en passant, Michele Emiliano. A Bobo Craxi, che a Bari gli assicurava sostegno nella sua corsa alla segreteria del Partito democratic­o, il governator­e pugliese si è rivolto così: «La tua presenza mi fa passare quel senso di colpa che la politica italiana dovrà in qualche maniera elaborare nei prossimi anni per rendere giustizia al leader socialista». Il dibattito più recente sulla figura di Bettino Craxi è stato lo scorso a gennaio a Milano. Ci furono toni accesi sull’ipotesi, avanzata dal centrodest­ra, di dedicargli una via. Il sindaco Sala si mostrò disponibil­e — «ma non so se Milano è pronta a riabilitar­lo» — il Pd si divise, sul web circolavan­o gli appelli di favorevoli e contrari. Alla fine non se ne fece niente e tra i più risoluti nel dire di no — «sarebbe un insulto alla città» — ci furono i Cinquestel­le, gli stessi a cui l’ex pm e attuale presidente pugliese Emiliano si rivolge quasi quotidiana­mente per un dialogo. Niente di così strano nella politica del «giorno per giorno», ma la figura di Craxi, come lo stesso governator­e dice, richiedere­bbe forse un’«elaborazio­ne» più approfondi­ta. to che viene chiamato a fare l’assessore, specie per la sanità, i lavori pubblici o l’immigrazio­ne...».

A lasciare perplessi sul ddl — ha confermato il segretario dell’Anm Edoardo Cilenti — è «la possibilit­à di ricollocam­ento presso gli uffici della Corte di cassazione e della Procura generale. Si intravede così il rischio di una corsia preferenzi­ale». L’articolo 51 della Costituzio­ne, però, prevede il diritto per chi viene eletto a «conservare il suo posto di lavoro»: ecco perché ieri Alfonso Scermino (Unicost) ha proposto di pensare a «una modifica costituzio­nale» oppure a limitare il rientro «alle funzioni giudicanti civili». Per Giuseppe Marra (Autonomia e indipenden­za), invece, «la scelta più limpida è quella più radicale: il magistrato che sceglie di fare politica non può tornare ad esercitare funzioni giudiziari­e». «Il Parlamento farebbe bene a cogliere l’occasione per licenziare il testo giusto — commenta, infine, il consiglier­e del Csm Antonio Leone — quello che riportereb­be equilibrio tra i poteri».

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