Addio fumo di Londra Per un giorno la Gran Bretagna ha prodotto energia facendo a meno del carbone: una rivoluzione (che tocca anche i nostri ricordi)
dal nostro corrispondente
Il fumo di Londra non è più quello di una volta. La città di ombre e nebbie che si identificava con una tonalità di colore — il grigio — è stata definitivamente consegnata al passato: venerdì è stata la prima giornata a partire dalla Rivoluzione industriale in cui tutta l’energia prodotta in Gran Bretagna ha fatto completamente a meno del carbone.
È vero che ormai da anni Londra non è più avvolta da un manto caliginoso: da quando è stata vietata l’accensione dei caminetti nelle case e soprattutto da quando, nel 1956, la legge sull’aria pulita decretò lo spostamento delle centrali a carbone fuori dalle città. E oggi il cielo della capitale inglese, quando è bel tempo si colora di un azzurro acceso sconosciuto all’abbaglio mediterraneo o all’uggiosità padana.
Ma è altrettanto vero che la Londra dell’immaginario collettivo, tramandata dalla letteratura alla pittura al cinema, è una città avvolta dalle esalazioni di carbone. È in questo chiaroscuro che si muovono i personaggi di Dickens ed è questa penombra che Monet sale a dipingere. «Senza la nebbia Londra non sarebbe una città bellissima — dice il pittore francese —. È la nebbia che le conferisce la sua magnifica ampiezza». Quella delle vedute dei ponti sul Tamigi e del palazzo di Westminster.
Così come è il favore delle ombre che consente a Jack lo Squartatore di compiere i suoi efferati delitti: sembra di vederlo, scivolare nell’oscurità dell’East End alle spalle delle sue vittime ignare. Un’ombra che ha tenuto la sua vera identità celata fino a oggi.
Ma nebbia e carbone non si associano soltanto a timore e tremore. «Cam caminì, cam caminì, spazzacamin», cantano gioiosi Mary Poppins e i suoi amici mentre volteggiano sui cieli di Londra, con le facce annerite dalla fuliggine.
E carbone significa miniere: le fabbriche sotterranee hanno scandito la storia e la cultura britanniche. Ancora Dickens, nel Canto di Natale, fa provare a Scrooge il calore della comunità nell’incontro con i minatori, «quelli che lavorano nelle viscere della terra». Quello stesso Dickens che in veste di giornalista e attivista denuncerà lo sfruttamento dei lavoratori delle miniere: un aspetto L’ANDAMENTO
della sua opera messo in evidenza da una mostra che si apre fra pochi giorni al London Museum.
Una condizione, quella dei lavoratori sotterranei, che coinvolgeva tantissimi minori: come svelato dal Rapporto sul lavoro minorile del 1842 , le cui illustrazioni di bambini che trascinavano carriole nei cunicoli scosse la società vittoriana. Una denuncia ripresa poi da Frederich Engels, il sodale di Marx, e che darà la mossa d’avvio al socialismo.
Un legame, fra carbone e politica, che arriva ai giorni nostri: con gli scioperi dei minatori negli anni Ottanta contro Margaret Thatcher, la cui vittoria segnerà il tramonto del potere sindacale e l’avvio della rivoluzione liberista. Un’epopea raccontata nei film di Ken Loach, senza dimenticare Billy Elliot, il giovane ballerino anche lui figlio di minatori.
Oggi la produzione di energia senza ricorso al carbone segna una svolta epocale in direzione delle fonti rinnovabili. Solo due anni fa le centrali a combustibile fossile generavano il 23 per cento dell’elettricità britannica. Due anni fa la quota era già scesa al 9 per cento. Ma nella giornata di venerdì si è fatto riscorso per il 47 per cento al metano, per il 18 per cento al nucleare e altrettanto all’eolico, per il 10 per cento ai pannelli solari e per il 6 alle biomasse.
«Il primo Paese nella storia a usare il carbone per l’elettricità è ora sul punto di essere la prima grande economia a metterlo completamente fuori uso», ha commentato Ben Caldecott, direttore del programma per la sostenibilità all’università di Oxford.
Se qualcuno aveva in mente di venire qui a fare un giro di tetti e camini con Mary Poppins, sarà bene che ci ripensi.