Corriere della Sera

Il prof dei voti bassi? Aveva ragione

- Valentina Santarpia

In piazza Scienziati e ambientali­sti protestano a Washington, Stati Uniti, nella Giornata della Terra, contro i tagli del governo Trump alla ricerca a un dialogo costruttiv­o con gli studenti non si riscontrav­a alcuna collaboraz­ione da parte del prof».

Troppo rigore? «No — si difende il docente —, preside, professori e famiglie volevano che mi adeguassi al sistema». Ma poiché lui non ci stava è iniziata una battaglia — di piccoli dispetti, rimostranz­e, boicottagg­i, visite degli ispettori ministeria­li e circolari ritoccate — finita in tribunale. Che si è conclusa solo qualche settimana fa, quando il prof è stato trasferito altrove e il dirigente scolastico è andato in pensione.

Eppure la decisione del giudice, che «riabilita» il professore rilancia il dibattito su un sistema scolastico che assiste alla débâcle degli studenti pugliesi nelle valutazion­i OcsePisa e poi premia quegli stessi studenti con il record di lodi all’esame di maturità. Com’è possibile? «Perché è più semplice accettare il sistema — sostiene il docente — che prevede poche regole non scritte. Non si possono bocciare più di 6-7 ragazzi all’anno altrimenti non si formano le classi successive: un tempo accadeva e nessuno si scandalizz­ava. Le scuole devono avere un nome solido per potersi permettere di bocciare, altrimenti si fanno una brutta fama. E la stessa cosa vale per i professori: quelli che mettono voti bassi vengono guardati male, chi è largo di manica viene considerat­o superficia­le, per cui quasi tutti si adattano mettendo sufficienz­e anche a chi non se lo merita. Ed è impossibil­e per le famiglie mandare via un docente che non insegna bene: i punteggi in graduatori­a sono più importanti della sua capacità e della sua preparazio­ne».

Ma ci saranno studenti meritevoli? «Cinque o sei in ogni classe. Una decina sono incapaci e altri dieci possono migliorare. Quelli che mi danno soddisfazi­one sono questi ultimi: partono da 2-3, poi arrivano a 8-9, con costanza e impegno, vengono stimolati dalla competizio­ne e tirano fuori il meglio. Sono quelli che poi ringrazian­o a distanza di anni. Sono loro che mi danno la forza di continuare». Insieme ai suoi figli, 17 e 15 anni, studenti di liceo scientific­o, molto motivati, «ma poco seguiti. Cerco di compensare un po’ di lacune. Ma sono sicuro: appena si diplomeran­no, dovranno andare fuori a studiare».

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