Anticipazione Povera malafemmena Carissimo Totò, non trattarla così male
In scena, un improbabile intervistatore e un ancora più improbabile medium, per bocca del quale parlerà Totò. I due siedono rispettivamente di fronte e al lato del pubblico, formando una T immaginaria. L’improbabile intervistatore si rivolge al pubblico parlando sottovoce, mentre l’improbabile medium gli dà le spalle.
— Dimmi un po’, che lavoro fai? Scommetto che sei un giornalista.
— Scusate, dovevo cominciare dagli auguri.
— Auguri per che cosa? (agitandosi sulla sedia) Ma che tiene, l’arteteca, questo qua, che non trova pace?
Beh, è il cinquantennale. —
— Il cinquantenn… oh madonna mia, che cattivo gusto. Cambia argomento, dai, giovanotto. Sii duttile.
Principe, ma volete scherzare? Avete una vaga idea di quanto bene vi vuole la gente?
— E se no perché mi facevo un giro in questo corpo, scusa.
— Allora sarete contento di sapere che in questi giorni si parla solo di voi.
— Diciamo che sarei più contento che si festeggiasse la data della mia nascita. Non sono così spiritoso da stappare lo spumante nell’anniversario del giorno più schifoso della mia vita.
— Beh, è un modo di ricordare le persone amate. Del resto non l’avete scritta voi una poesia sul giorno dei morti?
— Parlavo di uguaglianza, lì. Era un concetto, no? È chiaro che ti è sfuggito. Ma perché insisti tanto sulla morte? Mediti progetti suicidi, per caso? — No, è solo per stare in tema, diciamo.
— Ah, sì? Beh, a me quel tema non m’interessa, guarda un po’, guarda. Tra l’altro ho scritto anche altre cose, non so se sei al corrente. Malafemmena, per dire la prima che mi viene in mente così a caso. E perché fai quella faccia?
— Vi offendete se vi dico che non era la mia preferita?
E perché? — Ah, no?
— Perché è una canzone moralista, anzi inquisitoria, che tende a nobilitare l’inferiorità sentimentale di un poveretto che non riesce a tenere il passo di una donna particolarmente seduttiva: mala-femmena, cioè (neanche donna, ma) femmina, esemplare di una specie, bugiarda e manipolatrice: in una parola, zoccola. In senso romantico, s’intende. Il grande attore (e poeta) scomparso cinquant’anni fa parla attraverso un medium a un improbabile intervistatore
— Hai qualcosa contro le zoccole romantiche?
— Io no, ma la vittima della zoccola sì. Potremmo dire che Malafemmena, più che una canzone d’amore, è una canzone di denuncia: Femmena, tu sì na malafemmena/ chist’uocchie hai fatto chiagnere/ lacrime ‘e nfamità; … Pecché n’goppa a ’sta terra/ femmene comm’a tte/ nun c’hanna sta’ pe’ n’ommo/ onesto comme a me: l’infame e l’onesto, insomma. Pare una sceneggiata, Principe. Ma di quale gravissimo crimine s’è macchiata, ’sta poveretta, per pigliarsi tutti questi insulti? Che colpa teneva? Che non l’ha voluta dare al protagonista della canzone? Sapete che vi dico? Secondo me ha fatto bene.
— È quello che pensava pure lei, infatti. Perciò l’ho fatta diventare famosa.