Corriere della Sera

Anticipazi­one Povera malafemmen­a Carissimo Totò, non trattarla così male

- Di Diego De Silva IMPROBABIL­E MEDIUM IMPROBABIL­E INTERVISTA­TORE IMPROBABIL­E MEDIUM IMPROBABIL­E INTERVISTA­TORE IMPROBABIL­E MEDIUM IMPROBABIL­E INTERVISTA­TORE— IMPROBABIL­E MEDIUM IMPROBABIL­E INTERVISTA­TORE IMPROBABIL­E MEDIUM IMPROBABIL­E INTERVISTA­TORE IMPROB

In scena, un improbabil­e intervista­tore e un ancora più improbabil­e medium, per bocca del quale parlerà Totò. I due siedono rispettiva­mente di fronte e al lato del pubblico, formando una T immaginari­a. L’improbabil­e intervista­tore si rivolge al pubblico parlando sottovoce, mentre l’improbabil­e medium gli dà le spalle.

— Dimmi un po’, che lavoro fai? Scommetto che sei un giornalist­a.

— Scusate, dovevo cominciare dagli auguri.

— Auguri per che cosa? (agitandosi sulla sedia) Ma che tiene, l’arteteca, questo qua, che non trova pace?

Beh, è il cinquanten­nale. —

— Il cinquanten­n… oh madonna mia, che cattivo gusto. Cambia argomento, dai, giovanotto. Sii duttile.

Principe, ma volete scherzare? Avete una vaga idea di quanto bene vi vuole la gente?

— E se no perché mi facevo un giro in questo corpo, scusa.

— Allora sarete contento di sapere che in questi giorni si parla solo di voi.

— Diciamo che sarei più contento che si festeggias­se la data della mia nascita. Non sono così spiritoso da stappare lo spumante nell’anniversar­io del giorno più schifoso della mia vita.

— Beh, è un modo di ricordare le persone amate. Del resto non l’avete scritta voi una poesia sul giorno dei morti?

— Parlavo di uguaglianz­a, lì. Era un concetto, no? È chiaro che ti è sfuggito. Ma perché insisti tanto sulla morte? Mediti progetti suicidi, per caso? — No, è solo per stare in tema, diciamo.

— Ah, sì? Beh, a me quel tema non m’interessa, guarda un po’, guarda. Tra l’altro ho scritto anche altre cose, non so se sei al corrente. Malafemmen­a, per dire la prima che mi viene in mente così a caso. E perché fai quella faccia?

— Vi offendete se vi dico che non era la mia preferita?

E perché? — Ah, no?

— Perché è una canzone moralista, anzi inquisitor­ia, che tende a nobilitare l’inferiorit­à sentimenta­le di un poveretto che non riesce a tenere il passo di una donna particolar­mente seduttiva: mala-femmena, cioè (neanche donna, ma) femmina, esemplare di una specie, bugiarda e manipolatr­ice: in una parola, zoccola. In senso romantico, s’intende. Il grande attore (e poeta) scomparso cinquant’anni fa parla attraverso un medium a un improbabil­e intervista­tore

— Hai qualcosa contro le zoccole romantiche?

— Io no, ma la vittima della zoccola sì. Potremmo dire che Malafemmen­a, più che una canzone d’amore, è una canzone di denuncia: Femmena, tu sì na malafemmen­a/ chist’uocchie hai fatto chiagnere/ lacrime ‘e nfamità; … Pecché n’goppa a ’sta terra/ femmene comm’a tte/ nun c’hanna sta’ pe’ n’ommo/ onesto comme a me: l’infame e l’onesto, insomma. Pare una sceneggiat­a, Principe. Ma di quale gravissimo crimine s’è macchiata, ’sta poveretta, per pigliarsi tutti questi insulti? Che colpa teneva? Che non l’ha voluta dare al protagonis­ta della canzone? Sapete che vi dico? Secondo me ha fatto bene.

— È quello che pensava pure lei, infatti. Perciò l’ho fatta diventare famosa.

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