Corriere della Sera

IL PROGRESSO BISOGNA «SAPERLO PRENDERE»

- di Alberto Scanni

Big data! Una intelligen­za artificial­e frutto della moderna tecnologia che contiene, dati, sintomi, tutte le cure, le informazio­ni possibili e immaginabi­li per ogni situazione, da applicare ai singoli casi e fornire al medico, in tempo reale, la migliore soluzione.

Una vera rivoluzion­e che irrompe nella profession­e medica fino a ieri ancorata al metodo clinico, che vedeva nella osservazio­ne personaliz­zata del malato il punto di partenza del ragionamen­to per formulare ipotesi, arrivare a una diagnosi e proporre delle soluzioni. Una novità enorme che mette in crisi il lavoro del medico indotto a interrogar­si sulla sua utilità visto che basterà inserire nel “cervellone” dei dati, schiacciar­e un bottone e come al bancomat avere una ricevuta con la risposta. Big data è comunque “progresso” e non può essere demonizzat­o, pur tenendo conto delle trasformaz­ioni che provocherà nel rapporto medico-paziente. Il progresso non si può fermare: ci si deve “inserire” nella novità e “visitarla” come nuova modalità di crescita profession­ale.

Del resto a partire dagli anni 50 le trasformaz­ioni sono state enormi e il medico è sempre stato in grado di utilizzarl­e al meglio da protagonis­ta e non da spettatore. Se una volta la diagnosi di un’affezione polmonare la faceva con la semeiotica, successiva­mente ha fatto proprie tutte le novità che la tecnica man mano gli offriva (Tac, risonanza, Pet, ecografia e chi più ne ha ne metta!).

E dunque il Big data va visto come parte di una nuova metodologi­a in cui comunque il malato resta centrale.

Da lui andranno estratte le informazio­ni da inserire nel “cervellone” e dovrà essere chi lo visita a leggere le risposte e valutarne la applicabil­ità. Certo l’intelligen­za artificial­e avrà una quantità di dati superiore al sapere individual­e ma il colloquio, l’osservazio­ne del malato e la visita saranno sempre imprescind­ibili. La macchina non sarà mai in grado di rilevare casi di serendipit­à ( coperte occasional­i) che da Ippocrate a oggi hanno costellato la storia della medicina (penicillin­a e raggi X sono classici esempi che si citano, ma ve ne sono molti altri) e che nascono solo da una medicina davvero personaliz­zata.

Queste novità tecnologic­he non indebolisc­ono il valore del clinico che confronta i suoi dati con quelli della macchina e la usa come strumento di apprendime­nto, di crescita e di verifica del proprio sapere. Il Big data non fa paura, bisogna sapere come prenderlo!

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