IL PROGRESSO BISOGNA «SAPERLO PRENDERE»
Big data! Una intelligenza artificiale frutto della moderna tecnologia che contiene, dati, sintomi, tutte le cure, le informazioni possibili e immaginabili per ogni situazione, da applicare ai singoli casi e fornire al medico, in tempo reale, la migliore soluzione.
Una vera rivoluzione che irrompe nella professione medica fino a ieri ancorata al metodo clinico, che vedeva nella osservazione personalizzata del malato il punto di partenza del ragionamento per formulare ipotesi, arrivare a una diagnosi e proporre delle soluzioni. Una novità enorme che mette in crisi il lavoro del medico indotto a interrogarsi sulla sua utilità visto che basterà inserire nel “cervellone” dei dati, schiacciare un bottone e come al bancomat avere una ricevuta con la risposta. Big data è comunque “progresso” e non può essere demonizzato, pur tenendo conto delle trasformazioni che provocherà nel rapporto medico-paziente. Il progresso non si può fermare: ci si deve “inserire” nella novità e “visitarla” come nuova modalità di crescita professionale.
Del resto a partire dagli anni 50 le trasformazioni sono state enormi e il medico è sempre stato in grado di utilizzarle al meglio da protagonista e non da spettatore. Se una volta la diagnosi di un’affezione polmonare la faceva con la semeiotica, successivamente ha fatto proprie tutte le novità che la tecnica man mano gli offriva (Tac, risonanza, Pet, ecografia e chi più ne ha ne metta!).
E dunque il Big data va visto come parte di una nuova metodologia in cui comunque il malato resta centrale.
Da lui andranno estratte le informazioni da inserire nel “cervellone” e dovrà essere chi lo visita a leggere le risposte e valutarne la applicabilità. Certo l’intelligenza artificiale avrà una quantità di dati superiore al sapere individuale ma il colloquio, l’osservazione del malato e la visita saranno sempre imprescindibili. La macchina non sarà mai in grado di rilevare casi di serendipità ( coperte occasionali) che da Ippocrate a oggi hanno costellato la storia della medicina (penicillina e raggi X sono classici esempi che si citano, ma ve ne sono molti altri) e che nascono solo da una medicina davvero personalizzata.
Queste novità tecnologiche non indeboliscono il valore del clinico che confronta i suoi dati con quelli della macchina e la usa come strumento di apprendimento, di crescita e di verifica del proprio sapere. Il Big data non fa paura, bisogna sapere come prenderlo!