I nostri dati sanitari Online ma non per tutti
Entro la fine dell’anno le Regioni dovranno attivare Il Fascicolo Sanitario Elettronico dei cittadini ma finora solo sette hanno raggiunto l’obiettivo
rovate a chiedere a un vostro amico, a un famigliare o magari anche a un collega: scusa, sai che cos’è il Fascicolo Sanitario Elettronico? E fate attenzione alla loro mimica facciale. Ma ancora di più potrebbe sorprendervi la reazione a un’altra domanda: lo utilizzi? A distanza di cinque anni dalla sua istituzione, quello che è considerato il pilastro della digitalizzazione del sistema sanitario resta un oggetto non ben identificato.
I dati più recenti dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano dicono che, in media, il 30 per cento degli italiani (si tratta di un campione statistico) afferma di conoscere il Fascicolo e il 5 per cento sostiene anche di usarlo.
La realtà (si veda il grafico) è che solo in 7 Regioni è attivo un Fascicolo Sanitario Elettronico completo, in altre 10 è in fase di perfezionamento e in 4 non è ancora stato attivato. Lo dicono i dati aggiornati al 5 aprile scorso, forniti dalla Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica del ministero della Salute. «Il grado di diffusione delle iniziative in generale di sanità elettronica e in particolare riguardanti il FSE — ha spiegato Lidia Di Minco, direttrice dell’Ufficio 3 Sistema informativo sanitario nazionale nel corso della due giorni di Connectathon Venezia — sono diversificate a seconda delle regioni a cui ci riferiamo. Lo sforzo che si sta facendo a livello nazionale è quello di coordinare i diversi progetti posti in essere dalle regioni per prendere le migliori esperienze tra le regioni che sono partite prima e riutilizzarle in modo da accelerare l’implementazione del fascicolo anche da parte delle altre regioni».
Intendiamoci. Non è un’impresa facile. In primo luogo, perché i sistemi sono appunto regionali. E poi anche per via delle tecnologie, in continua evoluzione. Occorre trovare regole condivise, dunque un modello di riferimento dal punto di vista organizzativo, e anche il modo di far “parlare” tra loro i diversi sistemi informatici adottati. Sì, perché lo scoglio tecnologico principale sulla strada del Fascicolo digitalizzato è quello di renderli “interconnessi e interoperabili”.
I computer devono cioè riconoscere un linguaggio comune, per poter rendere leggibili ovunque (e da chi è autorizzato) tutti i dati sanitari che confluiscono in questa “cartella sanitaria virtuale”. Invece, spesso, i Pc non si intendono, magari all’interno dello stesso ospedale o azienda sanitaria e tra una Regione e l’altra, per incompatibilità tra software.
«Se vogliamo ragionare in percentuali, però — ha sottolineato Lorenzo Gubian, direttore generale di Arsenal.it, il consorzio delle aziende sanitarie venete che si occupa di eHealth —, al 95% il problema è organizzativo e al 5% tecnologico». Proprio per questo motivo è stato costituito un Tavolo di monitoraggio e di indirizzo a cui partecipano 10 Regioni e Province autonome, i ministeri della Salute e dell’Economia e Finanza, il Garante della privacy. Per avere un’idea delle complessità della materia sono stati formati una serie di gruppi tecnici che si sono occupati di come gestire l’accesso al Fascicolo, sia da parte del paziente sia dei professionisti sanitari, e di quali siano le corrette regole per la gestione del consenso alla creazione del Fascicolo. Un gruppo ha analizzato le migliori modalità di firma elettronica dei documenti, uno le “codifiche” degli stessi e un altro ancora si è concentrato su interoperabilità e modelli di comunicazione.
Il risultato? Una serie di Linee guida e un (quasi) incredibile clima di collaborazione. Il punto è che il Fascicolo elettronico, più che un’opportunità, è ormai una necessità. Anche a livello Ue, la Commissione europea sta spingendo perché si raggiunga l’interoperabilità tra i diversi Fascicoli nazionali presupposto indispensabile perché un cittadino possa farsi curare in qualunque Paese. Come ha spiegato Licínio Kustra e è vero che molti non sanno che cos’è il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), è anche vero che molti operatori del settore sanitario fanno fatica a capire il concetto di FSE e ci sono molti elementi che vengono confusi». Lorenzo Gubian, direttore generale di Arsenal.it, è anche referente del gruppo tecnico sulla comunicazione al Tavolo ministeriale. Dagli incontri del gruppo è emerso che oltre a far conoscere il Fascicolo è necessaria Mano, della Direzione generale Sanità della Commissione europea, all’interno del programma Connecting Europe Facility è previsto un investimento di oltre 23 milioni di euro per raggiungere entro il 2020 l’interoperabilità in tema di ricetta elettronica e di patient summary, cioè di quella cartella destinata a contenere un insieme minimo di informazioni sulla condizione clinico-sanitaria di ciascun cittadino.
Da noi, l’obiettivo è di chiudere la partita entro il 2017. Per raggiungerlo, la legge di Stabilità ha dato mandato al ministero dell’Economia e delle Finanze di realizzare l’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità (INI). «La sua prima funzione è appunto di far parlare i Fascicoli tra di loro — ha spiegato Antonietta Cavallo, direttrice dell’Ufficio VI Ispettorato generale per la spesa sociale del Mef —, ma anche di svolgere azione di sussidiarietà nelle Regioni che non hanno ancora provveduto ad attivare il proprio Fascicolo. Attraverso INI si potranno fare confluire nei Fascicoli sanitari regionali i dati che sono già presenti nel Sistema tessera sanitaria: ricette ed esenzioni da reddito, ad esempio». Insomma, il ministero dell’Economia ha chiesto alle Regioni di dichiarare entro il 31 marzo scorso se volessero proseguire con i loro progetti
L’assistito visiona le informazioni con un codice Pin (rilasciato dalla Asl) o tramite la Tessera sanitaria nazionale un’attività di formazione al suo utilizzo, sia verso gli utenti sia verso chi in sanità ci lavora. Dopo aver fatto un censimento delle campagne di comunicazione delle varie Regioni, per fare emergere le migliori pratiche, il gruppo ha elaborato linee guida, che saranno pubblicate tra poco, destinate ad aiutare quelle Regioni che partono da zero e vogliono fare una campagna informativa e formativa efficace.