Paolo Ghia
Direttore programma di ricerca strategica sulla leucemia linfatica cronica Ospedale San Raffaele, Milano a leucemia linfatica cronica è una delle forme più comuni di leucemia negli adulti: rende conto di circa il 30 per cento dei casi. Di solito la diagnosi viene fatta intorno ai 70 anni e solo in circa un terzo dei casi sotto i 55 anni. Si tratta dunque soprattutto di una malattia degli anziani, che nella maggior parte dei casi permette una sopravvivenza di molti anni dalla diagnosi.
In che cosa consiste questa forma di leucemia?
«Come suggerisce il nome (cronica), si tratta di una forma di leucemia lenta nella sua evoluzione, caratterizzata dall’accumulo di piccoli linfociti B maturi (un tipo particolare di globuli bianchi) nel sangue periferico, nel midollo osseo e negli organi linfoidi periferici (linfonodi e milza). All’inizio questo evento non si riflette sull’organismo con sintomi eclatanti, ma con il passare del tempo, in alcuni pazienti, l’eccessivo accumulo di linfociti anomali può ridurre la capacità del midollo osseo di produrre i globuli rossi e le piastrine, con diverse conseguenze», spiega il professor Paolo Ghia, direttore del Programma di ricerca strategica sulla leucemia linfatica cronica dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
Quali sono i sintomi che devono far sospettare la malattia?
«All’inizio non dà particolari sintomi e spesso viene scoperta casualmente in occasione di controlli fatti per altre ragioni. In un terzo dei pazienti, non darà segni di sé neanche con il passare del tempo, mentre negli altri potranno comparire alcuni segni. I più tipici sono: ingrandimento dei linfonodi e/o aumento dei linfociti nel sangue; ingrandimento della milza; anemia con conseguente stanchezza, debolezza e respiro affannoso; riduzione dei livelli di piastrine (che favorisce la formazione di lividi o piccole emorragie) e maggiore suscettibilità alle infezioni. Man mano che la malattia progredisce, possono comparire altri segni caratteristici come dimagrimento inspiegato, sudorazioni notturne e febbricola, soprattutto serale».
Come si può curare?
«Negli ultimi anni le strategie terapeutiche sono molto cambiate, grazie all’introduzione degli anticorpi monoclonali prima e delle target therapy (terapie bersaglio) più di recente. A differenza di tutte le altre leucemie, in genere il momento della diagnosi non coincide con l’inizio delle cure e si adotta una strategia di sorveglianza attiva, con controlli periodici. Il paziente inizia una terapia quando le analisi del sangue mostrano una brusca diminuzione dell’emoglobina o delle piastrine oppure quando i linfonodi sono cresciuti molto fino a comprimere organi o vene. Questi sintomi si possono associare a un aumento dei linfociti nel sangue che, però, a differenza di altre leucemie, non è di per sé motivo per avviare una terapia, indipendentemente dal valore rilevato. Il trattamento di scelta nella maggior parte dei casi abbina farmaci chemioterapici ad anticorpi monoclonali. Questo approccio, però, non è efficace in circa il 10 per cento dei casi, soprattutto in coloro che presentano alcune anomalie a carico del gene TP53. Per questi sono da poco disponibili le nuove terapie bersaglio, alcune delle quali permettono di ottenere risposte molto efficaci, tanto che si parla di assenza di malattia minima residua, che non vuol dire eradicazione della malattia, ma che troviamo meno di una cellula leucemica ogni 10 mila leucociti. Questo evento è molto positivo perché si associa a ricadute che avvengono su tempi più lunghi».
In fase iniziale la leucemia linfatica cronica non dà particolari disturbi. Con il passare del tempo, alcuni pazienti possono avere qualche manifestazione. Le principali sono
nel che può causare sazietà precoce e/o sensazione di pienezza addominale causata dai bassi livelli di globuli rossi, che a sua volta può provocare e dei livelli di con possibile formazione di lividi o sanguinamento di contrarre a causa della carenza di globuli bianchi sani e dell’indebolimento del sistema immunitario
e/o
Altri sintomi
che possono essere presenti quando la malattia è in stadio avanzato, sono Al momento della diagnosi iniziale la maggior parte dei pazienti non ha sintomi e presenta solo un modesto aumento dei linfociti o piccoli linfonodi, per cui non si ricorre ad alcun trattamento, ma si adotta una strategia di con controlli ambulatoriali periodici
Quando i pazienti presentano sintomi, alla diagnosi o ai successivi controlli occorre iniziare un trattamento farmacologico con I farmaci utilizzati in associazione o meno a dipendono principalmente dall’età e dalla situazione generale del singolo paziente soprattutto alla sera
In una piccola quota di pazienti che presentano alcune anomalie a carico del gene TP53, la chemioimmunoterapia non è efficace e deve essere evitata. In questi casi sono disponibili le nuove somministrate per bocca e in grado di ottenere risposte profonde in gran parte dei casi. Questi farmaci possono essere usati anche in seconda battuta in tutti i pazienti, quando la malattia si ripresenta