«Il 92 per cento dei ragazzi sogna invano l’autonomia»
Nel 2015 avevano dichiarato che avrebbero voluto andarsene di casa. Ricontattati l’anno dopo, nell’autunno del 2016, il 90 per cento di loro ha ammesso di non essere riuscito a realizzare il sogno di autonomia. Il Rapporto Giovani 2017 appena pubblicato dall’Istituto Toniolo ci racconta che nove giovani su dieci, tra i 25 e i 32 anni, restano a vivere con la famiglia d’origine. E la percentuale sale al 92 per cento se si considera la fascia 18-25. Nella stragrande maggioranza dei casi il problema è la mancanza di un lavoro, di una casa o di una solidità economica sufficiente a sostenere i costi dell’indipendenza. Alessandro Rosina, docente di Demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano, ha curato l’indagine — condotta in Italia su 9 mila soggetti fra i 18 e i 32 anni — che fa emergere fra gli altri anche questo elemento: «Oltre al problema culturale che porta i nostri giovani a preoccuparsi di come costruire un percorso di indipendenza 2-3 anni più tardi rispetto ai loro coetanei di diverse nazioni europee, la crisi economica e occupazionale ha schiacciato sogni e aspettative». Facciamo un raffronto: nel 2003 era stata posta la stessa domanda a un campione analogo e, risentiti tre anni più tardi, la metà degli intervistati era riuscito a costruirsi una propria vita. «Dopo la crisi — osserva Rosina — gli atteggiamenti sono molto cambiati anche nei giovani. Anzitutto, constatiamo che queste difficoltà hanno abbassato le aspettative nei confronti del lavoro; prima lo si vedeva come strumento di realizzazione di sé, oggi è soprattutto finalizzato all’obiettivo di vita autonoma». Pur di avere lo stipendio ci si adatta al ribasso, insomma. Eppure, la fotografia del Toniolo, realizzata con il sostegno di Intesa San Paolo e Fondazione Cariplo, racconta di giovani che considerano l’istruzione come «utile per affrontare la vita»; che hanno fatto esperienza di volontariato; che dimostrano coscienza civile partecipando a manifestazioni, petizioni, raccolte di firme. Giovani che tuttavia sono molto disillusi «perché hanno fatto un grande bagno di pragmatismo nelle difficoltà economiche» e che per questo sono molto più disposti dei loro coetanei europei a lasciare il Paese d’origine per cercare un lavoro. Tutto, pur di rompere il cordone ombelicale e diventare «adulti».