Fascino e praticità delle icone urbane
(sotto, da eBay)
La luce di un lampione o una cassetta delle lettere, un’insegna del Totocalcio o dei Tabacchi, un tavolino da bar o un bidone della spazzatura, una panchina o una poltroncina di un cinema. Oggetti comuni. Arredo urbano. Poi a un certo punto spariscono dalle strade: perché i luoghi si rinnovano, le norme cambiano, le cose invecchiano. Ed è solo allora che, quando li ritroviamo in un mercatino o in un’asta online, ci viene la tentazione di averli. Ci siamo abituati a vederli nella nostra quotidianità cittadina, ci ricordano quelli che vedevamo tanti anni fa o hanno il sapore di tempi che non abbiamo conosciuto. Sono icone, un mix tra storia e nostalgia. Perché allora non metterli anche in casa? Arredano (se non si esagera), si adattano quasi a ogni stile (non solo a quello «industriale»), hanno linee spesso scomparse (o oggi difficili da riprodurre) e sono quasi indistruttibili. Così si può trasformare una cassetta postale in un portaoggetti, un bidone in un contenitore per la biancheria sporca o per la differenziata, un’insegna in un tocco di colore, una panchina in una seduta «diversa». Perché questi oggetti hanno il fascino del passato e il valore aggiunto del recupero. Un aspetto spesso dimenticato da enti e amministrazioni, che quando arriva il momento di sostituirli li accatastano nei magazzini e li dimenticano, magari prima di distruggerli (perché non venderli?). Senza considerare che possono avere ancora una lunga (e nuova) vita.