La verità si nasconde in un fiore
Un quaderno ad anelli, custodito in forma di diario, nasconde la vita di una donna. O forse due. Sono pagine che entrano in scena dopo la morte di chi le ha custodite e che celano frammenti di due esistenze differenti, unite dallo stesso sangue.
È dal segreto di questo diario che si districa Il fiore dell’altra (Ad est dell’equatore) di Alfredo De Dominicis (Napoli, 1966), un filo che conduce alla vicenda di Anna e Sara, due gemelle unite da un legame spettrale e che la vita ha portato a far incontrare solo in età adulta. In mezzo all’immagine speculare di queste due donne sta Fernando, figlio di Anna e protagonista della storia che prende forma proprio attraverso i diari della madre, depositati nel silenzio di una vita.
Tutto ha inizio in corsa, in un susseguirsi di eventi stranianti: la morte di Anna, il disorientamento di Fernando che reagisce al lutto con una diplopìa — un disturbo della vista forse immaginario, forse no — sicuramente la scusa migliore per prendere le distanze da sé e da quelle letture. E ogni cosa sembra avvicinarsi a un senso solo ripercorrendo quei diari: ogni parola ha la forma di un segreto, ogni bugia riflette l’immagine identica di due donne, di un corpo imprigionato, di una maternità mancata, di un figlio perso in un passato che nessuno ha mai voluto raccontare. Attraverso i diari, De Dominicis nasconde pezzo a pezzo anche il suo protagonista che riemerge insieme a quelle scritture, come un’unica matassa che rotola nel tracciato di un labirinto. E poi, al centro di tutto, un fiore custode di un legame radicato in un’unica entità femminile. Riflessa allo specchio. Come le donne di Amor sacro e amor profano, il quadro controverso di Tiziano, Sara e Anna si aggirano come spettri nella mente di Fernando che, nella ricerca febbrile di una verità, setaccia un passato senza orme mentre cammina, ebbro, sulle parole di quei diari. Cercando senza pace l’immagine di una rosa. O forse due.